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Il grandissimo, oramai 75enne, Keith Richards, racconta che era solito coricarsi con una chitarra e un registratore accanto per non perdersi nulla della sua creatività notturna, e cioè per poter concretamente registrare quel che gli veniva in testa. Lo ricorda un documentario della Bbc che, al di là dei casi-limite e di qualche mitologia, rilancia il tema dei benefici del sonno, perfino “economici”. Da uno studio britannico emerge che i giovani che guadagnano di più sono quelli che dormono di più, e non di meno. Specularmente, la carenza di sonno rappresenterebbe un costo conteggiato addirittura a circa il 2% del Pil.

Se però, invece di una chitarra (o di un libro, o qualsiasi cosa capace di cullare il nostro riposo), ci addormentiamo con uno smartphone il tema si rovescia, arrivando anche a “effetti collaterali” piuttosto inquietanti. Una ricerca americana su centinaia di studenti medi e universitari ha svelato il fenomeno dello “ sleep texting”, ossia l’invio di messaggini mentre si dorme. Coinvolgerebbe oltre un quarto dei giovani e, tra questi, il 72% ammette di non ricordare neppure, al risveglio, di averlo fatto. Il fenomeno rappresenterebbe una sorta di “sonno interrotto”, influenzando negativamente la qualità dello stesso.

I rischi, anzitutto sanitari, dell’abuso dei dispositivi digitali trovano dunque conferme crescenti, con preoccupazioni soprattutto per la tenera età. Negli Stati Uniti il 92% dei bambini inizia a usarli già nel primo anno di vita, e in Italia non va molto meglio, con stime recenti che arrivano al 30% nella stessa fascia d’età. Le conseguenze possibili? Problemi di comportamento e di apprendimento, calo della sfera immaginativa, guai alla vista, all’udito, sedentarietà e sovrappeso.

La convergenza su tali problematiche dell'abuso dei dispositivi e dei disturbi notturni è oramai ben documentata, soprattutto tra le nuove generazioni. Sempre nel Regno Unito, i dati ufficiali rilevano un'impennata negli ultimi sei mesi dei ricoveri ospedalieri di ragazzi sotto i 16 anni per disturbi del sonno, rispetto ai quali si conteggia al contempo un lieve calo nella popolazione complessiva.

L'allarme è dunque soprattutto per i giovanissimi, e chiama i genitori all'attenzione e all'esigenza di porre dei limiti alle frequentazioni digitali. Tuttavia, non manca qualche elemento di speranza, proprio sulla cosiddetta “generazione Z”, che includerebbe i nati dal 1998. Secondo un'altra indagine statunitense, questi ultimi avrebbero acquisito una consapevolezza superiore, anche rispetto alla generazione precedente, circa il buon uso e i rischi del digitale. Usano i social diffusamente, ma risultano più consapevoli dei rischi di pericolosità come il cyberbullismo. Segnale ulteriore, sono anche meno “vanitosi”, si fanno meno “selfie” dei più grandi. A maggior ragione sono gli adulti, prima e più degli altri, a dover essere “educati”.

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