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Lo scorso novembre l’Organizzazione Mondiale della Sanità aveva declassato l’allarme, lanciato nove mesi prima, quale “emergenza sanitaria globale”, ma ne ha confermato le insidie e l’esigenza di strategie di lungo periodo.

Da chiarire subito, a detta degli stessi studiosi americani che hanno scoperto potenziali benefici antitumorali dallo studio di Zika, non si tratta affatto di una smentita circa gli “effetti neurologici devastanti” del virus. Lo scorso novembre l’Organizzazione Mondiale della Sanità aveva declassato l’allarme, lanciato nove mesi prima, quale “emergenza sanitaria globale”, ma ne ha confermato le insidie e l’esigenza di strategie di lungo periodo per una patologia che ha colpito, tra gli altri, almeno un milione e mezzo di brasiliani, con la documentata conseguenza, in particolare, di circa duemila casi di microcefalia, trasmessa dalle gestanti per via fetale.

 

Nel medesimo orizzonte di lungo periodo balza però una novità promettente, già testata in vitro e su animali. E’ stata annunciata nei giorni scorsi sul Journal of Experimental Medicine, da una ricerca condotta da universitari di Washington e San Diego. Avrebbero documentato che il virus stesso avrebbe la capacità, oltre che di uccidere le cellule progenitrici dei neuroni (ingenerando le anomalie nei feti), anche di eliminare le cellule staminali impazzite. Addirittura, riuscirebbe a debellare quelle che resistono a chemioterapie e radioterapie, legate al “glioblastoma”, ossia alla forma più diffusa (e tra le più letali) di cancro al cervello. L’azione sarebbe per giunta selettiva, bersagliando cioè specificamente le cellule malate e risparmiando quelle sane.

 

Da notare inoltre che il ceppo utilizzato nella sperimentazione su roditori malati era poco aggressivo, ossia una forma di Zika facilmente contenibile, nei suoi effetti pericolosi, dal sistema immunitario dell’organismo. Al contempo, tuttavia, l’esito è stato rilevante ma non risolutivo, risultando perlopiù efficace nel rallentare la progressione tumorale, non a eliminarla del tutto.

 

L’intuizione dei ricercatori statunitensi circa i potenziali benefici del “principio attivo” del virus ha dunque trovato riscontro positivo dai test preliminari, ma serviranno perfezionamenti e altre sperimentazioni, anche perché non è detto che il passaggio all’uomo rechi i medesimi effetti. Nondimeno la novità c’è, e apre una strada del tutto nuova nella strategia antitumorale. L’impatto per i pazienti non è dietro l’angolo ma neppure troppo lontano, a parere degli scienziati. “Crediamo che l’utilizzo di Zika in combinazione con le attuali terapie arriverà a sradicare l’intero tumore”, dicono.

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