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Per tre anni i ricercatori hanno monitorato oltre 50 pazienti affetti da melanoma, quasi la metà dei quali trattati con un comune ed economico principio attivo, il “propanololo”, utilizzato solitamente per il trattamento dell’ipertensione

È una scoperta tutta italiana, che apre a nuovi orizzonti terapeutici in senso stretto, ma dice anche qualcosa di più ampio sulla natura “olistica” di un buon percorso terapeutico. La si legge sulla rivista internazionale Jama Oncology, ed è il frutto di un lavoro coordinato dal Dipartimento di Scienze Dermatologiche dell’Università di Firenze.

Gli studiosi hanno monitorato per un triennio oltre 50 pazienti affetti da melanoma, quasi la metà dei quali trattati con un comune ed economico principio attivo, il “propanololo”, utilizzato solitamente per il trattamento dell’ipertensione. La sperimentazione non è nata da una curiosa intuizione, ma dall’esperienza diretta. “Ci siamo accorti che avevamo pazienti 'long survivors' con melanomi molto aggressivi – spiega il coordinatore dello studio Vincenzo De Giorgi - e abbiamo notato che tutti avevano ipertensione e altre patologie per cui sono indicati i farmaci beta bloccanti”.

Da quel concreto segnale è dunque iniziato lo studio, che ha dato esiti oggettivamente notevoli. Anzitutto, “dopo tre anni il 41% dei pazienti non trattati aveva avuto una progressione della malattia, contro il 16% degli altri”, nota De Giorgi. Di più, è emerso che con tale farmaco “la progressione del melanoma si riduce dell'80%”.

Sono dati che, a detta degli stessi studiosi italiani, necessitano di riscontri scientifici di più vasta scala, ma l’indicazione appare significativa, e chiama già alle interpretazioni. Una riguarda la classe menzionata di farmaci, che, anche nel lungo periodo, andrebbe a “impedire la vascolarizzazione del tumore, una condizione necessaria per la sua crescita”, per giunta senza gli effetti collaterali che possono derivare da medicinali più aggressivi.

L’altra “è legata allo stress a cui sono sottoposti i pazienti, che provoca il rilascio di adrenalina che favorisce la comparsa dei tumori”, su cui agisce quel tipo di farmaco. In questo subentra l’indicazione più generale, ossia quella che punta il dito sulle pressioni psicologiche cui siamo sottoposti. Queste non sono solo turbative, magari controllabili, del solo ambito neurologico, bensì possono seriamente minare la nostra salute generale, sul piano della prevenzione quanto della cura, anche in ambito tumorale.

 

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