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Un nuovo studio mette in relazione l’ambito depressivo con quello dei disturbi alimentari, e individua il nesso in un neurosteroide derivato dell’ormone femminile progesterone, che solitamente alimenta un umore positivo, di benessere.

Si chiama Graziano Pinna, originario di Oristano, laureato a Cagliari, con una carriera internazionale incentrata prima a Berlino e, ora, all’Università dell’Illinois, a Chicago, dove dirige uno dei più sofisticati laboratori mondiali per gli studi ormonali. È ritenuto un massimo esperto nella ricerca su depressione, ansia, sindromi post-traumatiche, specie per le sue ricerche su un particolare neurosteroide, chiamato “allopregnanolone” (o “allo”), prodotto dal cervello, scoprendone il ruolo nella regolazione del comportamento emotivo, e anche nella mediazione dell’azione farmacologica dei medicinali ansiolitici.

L’ultima novità in proposito, illustrata sulla rivista Neuropsychopharmacology, mette in relazione l’ambito depressivo con quello dei disturbi alimentari, e individua il nesso proprio in questo derivato dell’ormone femminile progesterone, che solitamente alimenta un umore positivo, di benessere. Già dimostrato che il suo difetto è associato ad alti rischi di depressione, ora emerge quanto esso sia a sua volta associato all’anoressia o, viceversa, all’obesità.

Gli studiosi americani coordinati da Pinna hanno coinvolto 36 donne, un terzo anoressiche, un altro terzo di peso normale, le altre in sovrappeso. Un aspetto cruciale è qui che nessuna aveva ricevuto diagnosi depressive o aveva ricevuto farmaci in proposito e, anche al seguito di esami specifici su altre variabili ormonali, non risultavano esposte a tali problematiche.

Il risultato delle analisi è che i livelli di allo erano inferiori del 50% nel primo gruppo rispetto al secondo, e, per quel che riguarda le persone in sovrappeso, il divario saliva addirittura al 60%. In altri termini, a parità di altre condizioni, il disturbo alimentare mette a rischio la presenza di tale ormone, fenomeno che può implicare effetti depressivi. Spesso si è argomentato che è il “problema psicologico” a provocare quello alimentare, ma qui si dimostra che vale anche il contrario.

Al di là degli approfondimenti che saranno necessari per capire meglio, e con sperimentazioni su più ampia scala, il dettaglio dei rapporti di causa ed effetto, la realtà che qui emerge è quella di una problematica ormonale associata a quella alimentare, con ricadute sui disturbi d’ansia. Interessante di per sé, ma rilevante anche, e forse soprattutto, per la ricerca. “Farmaci che incrementassero l’efficacia degli enzimi che convertono il progesterone in allo possono essere cruciali”, spiega Pinna. Alla cura delle sindromi depressive e, vista la correlazione, anche all’aiuto verso quelle alimentari.

 

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