MENU
Che non sia usato come ennesimo alibi ma, a quanto pare, l’efficacia delle strategie anti- tabagismo è condizionata anche da fattori genetici, rilevabili tramite un semplice prelievo del sangue. Lo documenta una ricerca italiana.

Che non sia usato come ennesimo alibi ma, a quanto pare, l’efficacia delle strategie anti- tabagismo è condizionata anche da fattori genetici, rilevabili tramite un semplice prelievo del sangue. Lo documenta una ricerca italiana, dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, pubblicata nei giorni scorsi anche su Scientific Reports (gruppo Nature).

Sono stati seguiti per dodici mesi 337 fumatori che hanno seguito una terapia orientata appunto a smettere. Il risultato è stato raggiunto dal 70% di loro, anche se, al riscontro al termine dell’anno, il “passo” è risultato definitivo solo nel 47% dei casi. La novità “clinica” è comunque nell’identificazione di alcune variazioni del Dna, localizzate nei geni che determinano i recettori della nicotina, i quali avrebbero un duplice impatto: sull’esposizione al rischio di dipendenza dalla stessa; ma anche sul livello di difficoltà ad abbandonare il fumo.

È il secondo aspetto qui a interessare, perché apre la strada a “strategie personalizzate” di emancipazione dal fumo, in funzione del proprio “codice genetico”. Si tratta del “primo passo verso l'individuazione di un profilo genetico individuale, sulla base del quale si potrà definire un percorso terapeutico di disassuefazione dal fumo il più personalizzato possibile”, spiega la ricercatrice Francesca Colombo, coordinatrice dello studio.

La letteratura scientifica sui gravissimi danni del fumo è abbondante (con una strage stimata ad almeno 6 milioni di morti l’anno), così come la “calibratura” degli effetti di breve e lungo periodo dell’atto di smettere. Nelle ultime linee guida dei Centers for Disease Control and Prevention americani, si ricorda tra l’altro che il completo azzeramento dei rischi sanitari – rispetto ai non fumatori – viene raggiunto solo dopo vent’anni.

Attenzione, però, perché gli spauracchi sui tempi di un completo recupero, assieme all’intera narrazione sulle “grandi difficoltà” a smettere di fumare, di fatto suonano altamente scoraggianti, tanto da esser graditi alle multinazionali del tabacco, se non addirittura parte delle loro strategie di marketing. Smettere può invece essere relativamente facile, e la ricerca milanese è destinata a produrre strategie e attenzioni che semplificheranno ulteriormente il “passo”. Soprattutto, al di là del permanere di alcune “tracce” del danno nel lungo termine, la realtà è che il sollievo per l’organismo è immediato: lo stesso documento statunitense ricorda che a soli 20 minuti dall’ultima sigaretta si arriva a un ripristino delle funzionalità cardiache, che solo dodici ore di astinenza consentono una purificazione di polmoni e sangue, e che i livelli di nicotina si azzerano solo dopo tre giorni.

 

Articoli Correlati

x