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La sperimentazione, condotta su roditori (chiamati a percorrere un labirinto), ha coinvolto, nelle parole degli studiosi “nuovi farmaci a triplo recettore, originariamente sviluppati per il trattamento del diabete di tipo 2, che paiono efficaci anche per i loro effetti neuro-protettivi”

“Il diabete di tipo 2 è un fattore di rischio per l'Alzheimer”. È la premessa ricordata dagli scienziati dell'Università inglesi di Lancaster, riconoscendo un nesso già notato dalla scienza negli ultimi anni. Ribadito l'assunto, si sono però spinti oltre, cercando di scovare, con una ricerca pubblicata su Brain Research, nuovi percorsi terapeutici che possano permettere un beneficio a fronte di entrambe le patologie.

La sperimentazione, condotta su roditori (chiamati a percorrere un labirinto), ha coinvolto, nelle parole degli studiosi “nuovi farmaci a triplo recettore, originariamente sviluppati per il trattamento del diabete di tipo 2, che paiono efficaci anche per i loro effetti neuro-protettivi”, con esiti definiti “molto promettenti”. Non solo è stato riscontrato uno stop nella perdita delle funzioni cognitive, ma addirittura un'inversione di rotta.

È emerso in particolare un netto miglioramento delle capacità di apprendimento e memoria, un potenziamento dei fattori cerebrali protettivi delle cellule nervose, nonché una riduzione delle placche amiloidi (indiziate a innesco di patologie neuro-degenerative), dell'infiammazione e dello stress ossidativo.

Si tratta di risultati che attendono ancora il riscontro dell'ultima fase di sperimentazione clinica, anche per poter verificare la sussistenza di un impatto superiore, sugli umani, rispetto a quello accertato finora con l'impiego di altri farmaci anti-diabetici. La linea sembra comunque tracciata, e appare particolarmente rilevante anche in riferimento all'incidenza di ambedue le patologie, proiettata in aumento esponenziale, al punto da configurare un allarme sanitario globale. “In assenza di nuove cure, entro 15 anni dovremo trovare nuovi modi per affrontare l’Alzheimer”, incalza Doug Brown, direttore di ricerca e sviluppo dell'Alzheimer’s Society. Quello indicato sarebbe uno di quegli strumenti innovativi, e per di più già sostanzialmente disponibile.

La correlazione tra gli elementi di rischio del diabete e dell'Alzheimer rappresenta del resto, al di là dell'ambito della ricerca farmacologica, un'indicazione di rilievo anche in sede di prevenzione. Il problema crescente, anche in Italia, dell'obesità e del sovrappeso non è certo l'unico fattore scatenante del doppio problema, ma di certo l'ambito degli stili di vita e abitudini alimentari corrette è qui di primaria importanza.

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