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È stato pubblicato sulla rivista internazionale Transnational Stroke Research uno studio promettente dell’Università di Messina, in collaborazione con la Fondazione Santa Lucia di Roma, su un’innovativa terapia anti-neuroinfiammazione.

Sopravvivere a un ictus, ma ritrovarsi con gravi deficit motori. Questa evoluzione è stata a lungo considerata, non senza buone ragioni, come un’ineludibile condanna. Non è però sempre così, e anzi non mancano i progressi nell’ambito dello studio sulla riabilitazione. Alcuni avanzamenti, decisamente rilevanti, sono annunciati in questi giorni proprio dal nostro Paese. In particolare, è stato pubblicato sulla rivista internazionale Transnational Stroke Research uno studio promettente dell’Università di Messina, in collaborazione con la Fondazione Santa Lucia di Roma, su un’innovativa terapia anti-neuroinfiammazione.

La ricerca ha coinvolto 250 pazienti colpiti da ictus, con leggera prevalenza maschile, di età media di circa 71 anni, in larga parte alle prese con danni diffusi. Sono stati quindi suddivisi in due gruppi, uno sottoposto a terapia tradizionale, l’altro sottoposto a una nuova molecola, chiamata PEALut.

La differenza è risultata davvero significativa. Dopo 60 giorni, il primo gruppo ha manifestato un recupero del 20%, negli altri è risultato più che raddoppiato. Benefici per la riabilitazione, dunque, ma non solo. “Si dimostra come la molecola sia in grado di prevenire il danno neuronale, e ritardando l'esordio della patologia, oltre a limitarne gli effetti se il danno si è già verificato”, spiega il farmacologo Salvatore Cuzzocrea.

Gli scienziati siciliani riferiscono inoltre di ricerche in corso sull’impiego della PEALut al seguito di trauma cranico, anticipando esiti a prima vista altrettanto promettenti. Qualcosa dunque si muove, e questo va anche al di là dello stretto ambito farmacologico. Un’altra Fondazione, la Don Gnocchi, su altri 250 pazienti colpiti da ictus, ha confrontato la terapia fisioterapica tradizionale con moderne tecniche di riabilitazione robotica (in aggiunta, e non in sostituzione della prima), in relazione in particolare al recupero degli arti superiori.

Gli effetti sono risultati notevolmente aumentati, sia sull’entità sia sui tempi di recupero, tanto da far parlare di una “rivoluzione nella riabilitazione”. Le “palestre robotiche” attrezzate dalla Fondazione si trovano a Roma, Milano, Firenze, La Spezia e in alcuni centri minori. La sfida è anche sui costi  e su questo si fonda anche l’appello a istituzioni e industria a partecipare alla sfida: la moderna robotica, a detta della Fondazione Don Gnocchi, non solo è efficace, ma anche “economicamente sostenibile”.

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