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Secondo le stime del Censis, almeno un italiano su tre si informa sulla medicina navigando in rete.

È un po’ come quando si parla di calcio. Chi lo detesta di solito tira in ballo, non a torto, l’enormità di parole (e interessi) che lo circondano, inclusa una notevole quantità di ciarlatani, magari aggressivi. La ragione è che, essendo lo sport più popolare, trascina a sé un po’ tutto, incluse visceralità, volgarità e mitologie. Accade lo stesso per la salute, in cima agli interessi degli italiani, e perciò foriera, specie sul terreno sconfinato del web, anche di parecchie bufale.

Il problema è che si tratta, appunto, di salute, ossia di un tema delicatissimo, sicché la “fake news” può recare un serio danno, agli individui e alla collettività, tanto più che, alle stime del Censis, almeno un italiano su tre si informa sulla medicina navigando in rete. Il dato, nell’insieme, è positivo, perché a portata di schermo e tastiera in effetti si può trovare tantissima informazione, inclusi contenuti scientifici, cosa impensabile fino a pochi anni fa. Ma al contempo presenta grandi insidie, perché s’infiltrano e, nelle ripetizioni e “condivisioni”, proliferano un sacco di falsità, che possono suonare vere quantomeno agli strati culturalmente più deboli della popolazione.

E così, l’Istituto Superiore di Sanità ha deciso di mobilitarsi, utilizzando il medesimo strumento potentissimo, il web, e annunciando in questi giorni l’apertura di un’apposita sezione del portale ISSalute, orientata proprio a smascherare le tantissime bufale sui temi della salute. E riferendo di averne già individuate, in breve tempo, ben 150 tra quelle più diffuse.

Alcune sono per la verità interessanti, anche perché tendono a essere acquisite anche tra le persone più informate. È il caso dello zucchero di canna, ritenuto solitamente più sano di quello bianco, eppure non c’è alcuno studio scientifico che lo comprovi, mentre contengono entrambi esattamente la stessa molecola (il saccarosio). Poi c’è il “ferro negli spinaci”, popolarizzato anche dallo storico “Braccio di Ferro”. Solo che, tra le tante virtù di quella verdura, manca tale sostanza, non perché assente, ma perché compresente ad altre che ne inibiscono l’assorbimento intestinale. Poi c’è il caso delle radiofrequenze generate dal wi-fi in casa, su cui la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità ha negato l’esistenza di riscontri scientifici che documentino alcun danno per la salute.

Infine ci sono i tanti “classici” delle bufale, inclusi quelli, pericolosissimi, contro i vaccini, tuttora essenziali per la salute delle persone e anche per la sostenibilità dei sistemi sanitari, oppure gli spauracchi sulle trasfusioni “poco controllate”, che invece lo sono rigorosamente, o ancora sui migranti, che riporterebbero malattie da noi scomparse come la tubercolosi (mai del tutto debellata, e agli esiti statistici senza alcuna incidenza dall’immigrazione). Non ultimo, i pregiudizi sulle raccolte fondi per la ricerca medica, che “chissà dove vanno”. Al contrario, un’Ong ha stimato che, per ogni euro donato, ben 74,2 centesimi vanno all’effettiva ricerca, il resto tra spese per le strutture, la gestione, e la campagna stessa: insomma, un’ampiezza e pertinenza di destinazione probabilmente senza pari.

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