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La sindrome deve il suo nome a due scienziati spagnoli, i fratelli Pedro e Josep Brugada, che l’hanno descritta in modo accurato nel 1992, ma sulla base di caratteristiche già rilevate, e pubblicate, quattro anni prima da cardiologi italiani.

Il pensiero corre subito all’attualità, ossia al caso recente di un campione dello sport, in apparenza sanissimo, il calciatore azzurro Davide Astori, colto da un arresto cardiaco per cause ancora non ben comprese. Per lui, comunque, l’anomalia genetica della cosiddetta “sindrome di Brugada” era stata esclusa. Si tratta comunque di una delle principali cause di morte cardiaca improvvisa (si stimano 400mila decessi l’anno in Europa, tre milioni nel mondo). Scaturisce da un disturbo dell’attività elettrica che può innescare gravi aritmie. Scoperta recentemente in Italia, è proprio dal nostro Paese che si annunciano in questi giorni novità assai importanti sul profilo della prevenzione e non solo.

Andiamo per ordine. La sindrome deve il suo nome a due scienziati spagnoli, i fratelli Pedro e Josep Brugada, che l’hanno descritta in modo accurato nel 1992, ma sulla base di caratteristiche già rilevate, e pubblicate, quattro anni prima da cardiologi italiani. Nessuna “competizione”, comunque, tant’è che l’esito della ricerca ora pubblicata dall’Irccs Policlinico San Donato sul Journal od the American College of Cardiology, scaturisce proprio dalla collaborazione tra gli scienziati italo-iberici.

Avrebbero scovato le cause delle anomalie elettriche, identificandole in tessuti di cellule raggruppate come “isole circondate da tessuto sano, come una cipolla, con un cerchio centrale caratterizzato da cellule più aggressive e predisposte a generare un arresto cardiocircolatorio”, nelle parole del direttore dell’Unità di Aritmologia del Policlinico, Carlo Pappone. Quelle “isole” finora erano sconosciute e, sebbene asintomatiche, sarebbero presenti sin dall’infanzia sulla superficie epicardica del ventricolo destro, con i rischi che conseguono, anche fatali, per tutto l’arco della vita.

Il nuovo studio, che ha arruolato centinaia di pazienti (sopravvissuti ad arresto cardiaco o con rischi cardiovascolari sfumati), ha anzitutto documentato come tali anomalie non siano captabili da un comune elettrocardiogramma. Al contempo, annuncia l’Irccs, è stato elaborato “un software in grado di riconoscere in modo automatico la distribuzione delle aree anomale e di particolari sonde in grado di emettere impulsi di radiofrequenza che 'ripuliscono come un pennello', la superficie anomala del ventricolo destro, rendendolo elettricamente normale”.

L’innovazione non coinvolge quindi solo la diagnosi ma anche la terapia. Si “evidenzia la possibilità di eliminare quelle isole anomale, utilizzando delle onde di radiofrequenza di breve durata, con lo scopo di riportare quelle cellule a un corretto funzionamento elettrico”. E sembra molto più di una possibilità: “350 pazienti sono stati sottoposti finora a tale procedura, mostrando la completa normalizzazione”, riferisce il professor Pappone, che aggiunge: “ciò che veniva considerata una falsa speranza può considerarsi realtà: oggi è possibile prevenire la morte improvvisa in giovani pazienti affetti dalla Sindrome di Brugada e salvare quelli con ripetuti arresti cardiaci altrimenti non trattabili eliminando le anomalie elettriche del cuore”.

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