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L’ultima novità è segnalata dall’Università neozelandese di Waikato, che annuncia il passaggio alla sperimentazione clinica dell’impiego dei cani per la diagnosi del cancro al polmone, usando campioni di alito e saliva dei pazienti.

Dalle “pecore tosa-erba” per sistemare i parchi si arriva ora ai “cani-medico”? No, niente ironie qui sul “miglior amico dell’uomo”, perché il tema è scientifico e promettente. Il cane reca con sé un “dispositivo” che può gareggiare in qualche caso con i più sofisticati macchinari in sede di diagnostica. Si tratta dell’olfatto. La sua capacità di “sentire l’odore del male” è oggetto di attenzione piuttosto recente, e ancora di scarsa applicazione, ma il processo di ricerca è avviato, con buone risposte.

L’ultima novità è segnalata dall’Università neozelandese di Waikato, che annuncia il passaggio alla sperimentazione clinica dell’impiego dei cani per la diagnosi del cancro al polmone, usando campioni di alito e saliva dei pazienti. Il team sarà naturalmente interdisciplinare, e a coordinarlo curiosamente sarà uno psicologo. Si chiama Tim Edwards  e aveva accertato il potenziale diagnostico degli animali lavorando in ambito umanitario in Africa, scoprendo in particolare la capacità del “ratto gigante” di rilevare la tubercolosi.

Tornando ai cani, e al cancro, la ricerca ha già dato parecchi esiti, anche in Italia. Quasi cinque anni fa, al Congresso Nazionale dell’Associazione Urologi Italiani, è stato annunciato il risultato eccellente di uno studio sul tumore alla prostata. “L'urina dei malati ha un odore particolare, che cani specificatamente addestrati sono in grado di percepire e riconoscere”, spiegava Gianluigi Taverna, Responsabile del Centro di Patologia Prostatica presso l'Istituto Clinico Humanitas, nell’area milanese. Nel dettaglio, la loro capacità diagnostica è stata valutata al 97%, con una sensibilità superiore al 98% e una specificità superiore al 96%: “Dati inimmaginabili rispetto alle procedure diagnostiche in uso”.

Meglio dell’urologo, insomma. Sicché il progetto è continuato, fornendo ulteriori conferme recenti, con la collaborazione del centro veterinario militare di Grosseto. Il massimo protagonista, oggi come allora, si chiama Liù. Ė una femmina di pastore tedesco, “entrata in servizio” per l’Esercito Italiano già nel 2010  e già impiegata, tra l’altro, in operazioni di sminamento per la sua capacità di fiutare gli esplosivi. Poi, la scienza. “Una volta tememmo che fosse entrata in confusione”, racconta un militare, in quanto fece la sua “diagnosi” alla prostata (su cui è specificamente addestrata) a un malato di tumore alla vescica. Invece aveva ragione lei: “Si è scoperto successivamente che quel paziente aveva sviluppato anche il cancro alla prostata”. Liù ha un modo semplice per emettere il suo verdetto, quasi infallibile. Si siede per terra.

Lo scenario è commovente quanto entusiasmante, e si allarga ad altre forme tumorali. La stampa americana ha recentemente celebrato un’altra cagna, un segugio, che, a New York, è riuscita a “segnalare” alla sua padrona, stuzzicandole ripetutamente il naso, la presenza di un cancro alla pelle, poi accertato dai medici. Non solo i tumori, comunque: l’impiego canino è già diffuso, specie negli Stati Uniti e in Gran Bretagna soprattutto per il diabete. Ci sono cani specificamente addestrati a fiutare l’odore dell’ipoglicemia per poi portare al proprietario il kit d’emergenza, aiutandolo a salvarsi la vita.

 

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