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Francesco Lo Coco, 63 anni, palermitano di origine, ordinario di Ematolologia all’Università romana di Tor Vergata. A lui è andato il riconoscimento annuale dell’omonima Società Europea, riunita a Stoccolma, per l’importanza delle sue ricerche sulla leucemia.

Leucemia, novità ed eccellenze italiane

 

Francesco Lo Coco, 63 anni, palermitano di origine, ordinario di Ematolologia all’Università romana di Tor Vergata. A lui è andato il riconoscimento annuale dell’omonima Società Europea, riunita a Stoccolma, per l’importanza delle sue ricerche sulla leucemia. Il premio è dedicato a una leggenda, vivente, il tenore Josè Carreras, che dopo aver scoperto la malattia, oltre trent’anni fa, ha istituito un’apposita Fondazione, i cui riconoscimenti confermano le eccellenze italiane in materia. Ad aver già trionfato sono stati Lucio Luzzatto nel 2002 e Brunangelo Falini nel 2010.

 

Ma quel che è qui importante segnalare è il contenuto della ricerca premiata, che si aggiunge a un quadro generale oramai piuttosto promettente dei progressi scientifici in materia. Essa si è rivelata assai efficace con particolare riferimento alla leucemia promielotica acuta, una forma particolarmente grave e rapida, tanto che si stima che il 15% dei pazienti vada incontro a emorragie fatali (specie a livello gastrointestinale, del sistema nervoso centrale e genito-urinario) prima ancora di ricevere la diagnosi.

 

Gli esiti principali dello studio condotto da Lo Coco sono stati pubblicati già cinque anni fa sul New England Journal of Medicine. Nelle sue parole, “abbiamo messo le fondamenta di un nuovo paradigma diventato oggi standard di cura, senza chemioterapia: la combinazione di acido retinoico e triossido di arsenico, in grado di distruggere soltanto le cellule cancerose”. Nel concreto, per tale patologia “si può morire in 4 giorni, ma le terapie sono in grado di guarire i pazienti in oltre il 90 per cento dei casi, se viene identificata in tempi rapidi”.

 

Dal medesimo Congresso in Svezia si annuncia un’altra novità di rilievo, e anche in questo caso permette di evitare il ricorso alla chemioterapia. Coinvolge i malati di leucemia linfatica cronica, un altro tumore del sangue, più diffuso, specie tra gli ultrasessantenni, tanto che solo in Italia si contano ben tremila nuovi casi l’anno. Ė stato condotto un trial clinico su ben quattrocento pazienti in cento centri di cura di venti Paesi al mondo, incluso l’ospedale Niguarda di Milano. Ė stata testata l’associazione tra due principi attivi, il venetoclax e l’anticorpo monoclonale rituximab, risultata capace di determinare un calo del rischio di progressione della malattia o di morte del paziente dell’81% rispetto alle terapie tradizionali.

 

La ricerca dunque procede spedita, e questo riguarda anche la sfera della prevenzione. Con qualche sorpresa. L’Institute of Cancer Research di Londra, al seguito di una revisione degli ultimi trent’anni di studi sulla leucemia linfoblastica acuta, arriva a concludere che la “troppa igiene”, in particolare l’eccessiva protezione dai microbi nella prima infanzia, costituisce un fattore di rischio di contrarre tale patologia, il che in parte ne spiegherebbe inoltre la maggiore incidenza nelle società avanzate.

 

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