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La depressione port-parto è una problematica ben riconosciuta dalla medicina. Ma è riconosciuta per le donne. Non per gli uomini. Ė un’omissione colpevole, come riconosciuto dalle più recenti ricerche. Ne soffrono anche i neo-papà, complici le fatiche, il cambio di ruolo, e anche la loro riluttanza a chiedere aiuto

Ė un filone ancora poco considerato e studiato in Italia, eppure il problema c’è ed è oramai riconosciuto dalla scienza. La “depressione post-partum” – che in realtà può iniziare già in fase pre-natale – colpisce molte donne, se ne stimano addirittura una su quattro. Ma il nodo è che ci si è per lungo tempo largamente dimenticati degli uomini. Anche loro ne sono esposti, sebbene non per ragioni direttamente “ormonali”, complice anche il drammatico cambiamento di ruolo imposto non solo dal lieto evento, ma anche dai mutati contesti familiari contemporanei.

Una conferma arriva dall’Università dell’Indiana, con una pubblicazione su Jama Pediatrics. Da un riesame di quasi diecimila visite familiari in cliniche pediatriche l’incidenza del problema è risultata del 4,4% tra i padri, solo qualche decimale in meno rispetto alle madri. Ė un problema individuale, dai risvolti comportamentali e anche cognitivi, che per giunta - come accade se la persona colpita è la mamma - possono ricadere in sintomi depressivi anche sui figli, specie nell’adolescenza.

Altri studi recenti avevano conteggiato una prevalenza ancor più alta del problema, oltre al 10%, con sintomi fisiologici – oltre che strettamente psicologici – dall’ambito gastrointestinale (vomito, costipazione, diarrea) ai disturbi del sonno, da cefalee a problemi cutanei, fino a far coniare la definizione della “sindrome del papà incinto”.

“In Italia non abbiamo ancora ricerche che facciano luce su questo nuovo disagio maschile”, nota il sociologo Roberto Fumagalli, che ha scritto un libro sulla paternità e sottolinea la problematica dei cambiamenti sociali contemporanei: una famiglia sempre più isolata, meno nonni in forze a disposizione nelle vicinanze, la madre che ha legittime aspirazioni e necessità lavorative.   Alla nuova emozione, fatica e responsabilità si aggiunge un’incertezza ed evoluzione di ruolo: “Deve mettere all’angolo la figura del padre autoritario, maschio ed egemone, per trasformarsi in un papà ‘plastico’ e flessibile, capaci di essere accudente ed empatico, anche un po' ‘mammo’ per supportare la compagna”.

Il cambio è virtuoso, ma anche difficoltoso. “Nel periodo che precede la nascita l’uomo ha la funzione di contenimento: le ansie, preoccupazioni e le angosce materne sia prima e sia dopo il parto vengono limitate grazie alle rassicurazioni continue e le attenzioni del padre”, ricorda la psicologa Emmanuella Ameruoso. Il fatto è che le merita anche lui. L’American Academy of Pediatrics già raccomanda uno screening psico-fisico per ambedue i genitori dopo il parto. Ma c’è un ostacolo in più, sottolineato da tutti gli esperti: è l’uomo stesso a essere troppo restio a chiedere aiuto, mentre la verità è che ne ha davvero bisogno.

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