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Le malattie reumatiche colpiscono 5 milioni di italiani, di cui 3,5 milioni di donne. Una piaga diffusa su cui permane molta disinformazione, talora anche per un “gap” di comunicazione tra medico e paziente. Il che ricade anche sulla paura di affrontare la gravidanza. Ė vero che essa può costituire un fattore di rischio per le pazienti, ma è vero anche che in larga parte dei casi può essere controllato.

Ė una delle problematiche più diffuse e invalidanti, e presenta per giunta un nodo “di genere”, per la netta (anche se tutt’altro che esclusiva) prevalenza femminile. L’insieme delle malattie reumatiche colpisce circa cinque milioni di italiani, con esiti spesso gravemente invalidanti. 7 pazienti su 10 hanno difficoltà a svolgere le attività quotidiane, dallo studio al lavoro, dallo svago alle attività familiari, nonché quelle sessuali e di coppia, tant’è che nel 90% dei casi si arriva alla separazione.

I dati sono stati raccolti nei mesi scorsi dall’Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare (Apmar), documentando anche un grave problema di disinformazione. Il 50% dei pazienti non conosce il proprio grado di invalidità, il 30% non sa dell’esistenza di diritti e agevolazioni previsti dalla legge, il 60% decide di lasciare o ridurre l’attività lavorativa senza conoscere le possibilità – normative e mediche – che aiuterebbero a svolgerla. 

Un altro studio, discusso nei giorni scorsi in un apposito Convegno organizzato a Roma dall’Osservatorio Nazionale sulla Salute della Donna (Onda) con la testata AboutPharma, si è concentrato sull’ambito femminile, che costituisce appunto la maggioranza, con ben 3,5 milioni di donne colpite. L’indagine ha coinvolto 24 centri reumatologici italiani e quasi 400 donne tra i 18 e 55 anni. Scelta d’età deliberata, in quanto il rischio è tutt’altro che confinato alla popolazione anziana, sollevando problematiche specifiche sull’età fertile.

Qui la disinformazione è ancor più colpevole, in quanto, fino a tempi recenti, gli stessi medici espressamente sconsigliavano alle pazienti di affrontare la gravidanza. La conseguenza è che permane molta paura tra le donne: il 32% ritiene che la terapia farmacologica possa essere dannosa al nascituro, il 16% teme addirittura di poter trasmettere al piccolo la malattia. C’è, va detto, una problematica, la presenza di fattori di rischio. “Gli ormoni femminili giocano un ruolo importante nelle cause e nello sviluppo delle malattie reumatiche”, ricorda Francesca Merzagora, presidente di Onda, sicché la gestazione può influire sul decorso patologico che, se non controllato, può causare complicanze.

Il fatto è però che tale “controllo” oggi è largamente possibile. “Con un’attenta gestione medica e ostetrica la gravidanza può avere un esito favorevole”, sottolinea Angela Tincani, coordinatrice del Gruppo di Medicina di Genere della Società Italiana di Reumatologia, pur avvertendo che è bene “programmarla in un periodo di remissione stabile della malattia”. L'urgenza è allora quella di “colmare il gap informativo tra pazienti e medici”. Serve più attenzione, dai singoli alle istituzioni. Possibilmente anche istituendo “centri di riferimento di medicina di genere multidisciplinari per la gravidanza delle donne con malattie reumatiche”.

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