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La sedentarietà rappresenta da tempo “un problema di salute pubblica di proporzioni epidemiche”. Lo si dice da decenni, ma ora l'allarme si rilancia comparando l'inattività fisica con altri comportamenti nocivi. Ebbene, essa risulta di gran lungo il fattore di rischio più elevato, surclassando addirittura il fumo

Sedentarietà, obesità, rischi di problemi cardiovascolari, metabolici, articolari. Il cortocircuito rappresenta “un problema di salute pubblica di proporzioni epidemiche nei Paesi occidentali”, nelle parole dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, oltreché dalle autorità italiane. Ed è un problema noto oramai da decenni, che si alimenta di dati in costante peggioramento in materia di “stili di vita”, con riferimento anzitutto al calo dell'attività fisica. Su “quanto” quest'ultimo sia nocivo arriva ora una specifica importante e per certi versi sorprendente, destinata a spostare alcune percezioni collettive.

Lo si legge su Jama Network Open, ed è l'esito di un'estesa ricerca retrospettiva compiuta dall'Università di Cleveland, riesaminando i test sotto sforzo effettuati su circa 122mila persone dai 53 e ai 73 anni tra il 1991 e il 2014. A una prima lettura, può apparire solo l'ennesima conferma del fatto che l'inattività motoria sia deleteria.

Ma è appunto l'entità del danno a destare scalpore. “Mai visto qualcosa di così pronunciato”, spiega uno degli autori, il cardiologo Waber. Nel dettaglio, i sedentari hanno palesato tassi di mortalità cinque volte più alti rispetto agli atleti. E anche il confronto con altre “pessime abitudini” risulta inquietante, in quanto l'inattività è risultata fattore di rischio addirittura triplicato rispetto ai fumatori, e la forbice si allarga ulteriormente rispetto al diabete e all'ipertensione.

Da notare inoltre come l'esposizione al rischio tenda ad alterarsi anche in proporzione all'entità dell'attività svolta. Chi effettua qualche attività sportiva a titolo solo saltuario palesa tassi di mortalità innalzati del 390% rispetto a chi invece la svolge abitualmente. “Non c'è limite all'ampiezza dell'esercizio”, spiegano gli studiosi americani, così come “non c'è limite d'età per cercare di mettersi in forma”. 

Va da sé che l'enfasi sull'attività fisica non fa abbassare l'allarme su altri aspetti deleteri dei nostri comportamenti, dal fumo all'alcol. Inoltre, “l'assenza di limiti” assoluti sull'attività fisica da poter svolgere non costituisce un invito a effettuarla in modo scriteriato, senza tener adeguato conto delle proprie esigenze, rischi e limiti legati all'età e all'eventuale presenza di patologie. Significa però ricordarsi che  “il nostro corpo è fatto per camminare, correre ed esercitarsi”. Non farlo è il più grave dei torti che possiamo recargli.

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