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Sembrava un obiettivo impossibile e irrealistico, ma non è così. L’Epatite C si può battere. E lo stiamo facendo. Le terapie con farmaci ad azione diretta contro l’Hcv eliminano completamente il virus in oltre il 96% dei pazienti trattati. Sono davvero confortanti le conclusioni a cui è giunta la Piattaforma italiana per lo studio delle Terapie dell’Epatite Virali (Piter), la piattaforma nata nel 2014 per studiare l’effetto del trattamento dell'infezione dal Virus dell’Epatite C con farmaci antivirali ad azione diretta (Daa) e informare le istituzioni sulle politiche sanitarie più appropriate.

“L’Italia ha raggiunto il primo target dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) dell’eliminazione dell’Hcv: quello della riduzione al 65% delle morti Hcv correlate”, riferisce Stefano Vella, direttore del Centro Nazionale per la Salute Globale dell’Istituto Superiore di Sanità. “Grazie al trattamento universale dell’infezione da Hcv senza restrizione, l’Italia si incammina quindi verso il raggiungimento degli altri obiettivi di eliminazione Hcv dell’Oms, a patto di mantenere alto il numero dei pazienti trattati nei prossimi anni”, aggiunge. Con oltre 180mila trattamenti, l’Italia può vantare una delle più vaste esperienze in questo ambito.

I pazienti arruolati sono un campione di oltre 11.000 individui in cura, seguiti per 5 anni. I risultati fanno ben sperare. Tuttavia, la guerra non è ancora vinta e l'Italia non vincerà se prima non risolverà il problema del sommerso. “Non è ancora finita”, conferma il presidente della Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali(Simit) Massimo Galli. “Esiste ancora un importante sommerso fatto di persone che non sanno di avere l’infezione e che devono essere avviate al trattamento”, aggiunge. Per eliminare totalmente il virus è fondamentale mantenere alto il numero delle persone in terapia con uno screening mirato su particolari gruppi a rischio: dai tossicodipendenti che fanno uso di droghe per via endovena, ai detenuti, omosessuali, chi fa piercing e tatuaggi in ambienti non sufficientemente sterilizzati.

Esiste infatti una percentuale del 20% di persone, secondo i dati raccolti dall’Associazione italiana per lo studio del fegato (Aisf) che sono portatori del virus ma non lo sanno: dai 120 ai 150 mila infetti inconsapevoli. “Prima ancora di questo risultato - spiega  Massimo Andreoni, direttore scientifico della Simit – l’OMS aveva inserito l'Italia tra i 12 paesi in linea con i parametri per l’eliminazione del virus”. Oggi l’obiettivo raggiunto è ancora più interessante se pensiamo che negli ultimi anni il nostro paese registrava l'1% della popolazione affetta dal virus Hcv: come dire da 600 mila a 1 milione di persone infette, il doppio rispetto alla Francia, per esempio. “Raggiungere gli obiettivi attesi dall’uso di farmaci antivirali - conclude Loreta Kondili, responsabile scientifico della piattaforma Piter - è legato non solo alla loro elevatissima efficacia e all’ottimo profilo di sicurezza, ma anche allo sviluppo di ricerca appropriata per valutare il loro impatto sulla vita reale in un contesto epidemiologico come quello italiano, che ha mantenuto il primato di alta prevalenza in Europa per l’infezione da Hcv”.

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