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Le probabilità di successo della fecondazione assistita per le coppie sterili potrebbero aumentare grazie a una nuova tecnica che consente di individuare gli ovociti più sani da utilizzare. Una collaborazione tra un gruppo di ricerca dell’Istituto officina dei materiali del Consiglio nazionale delle ricerche di Trieste e il reparto di Clinica ostetrica e ginecologica dell’Irccs materno infantile Burlo Garofolo di Trieste ha messo a punto una sonda specifica che consente di fare analisi più dettagliate sull’ovocita, permettendo di studiare anche le proprietà meccaniche. I risultati sono stati pubblicati sia sulla rivista Acta BioMaterialia che sull’European Biophysics Journal.

“Uno dei momenti più importanti per determinare la fortuna di un processo di fecondazione è la selezione degli ovociti, oggi condotta in base a caratteristiche esclusivamente morfologiche: il medico sceglie la cellula da fecondare rispetto alla forma considerata indice del suo migliore stato di salute”, spiega Laura Andolfi, ricercatrice del Cnr-Iom. “Il criterio è però soggettivo e si basa fondamentalmente sull’esperienza dell’embriologo. L’obiettivo di queste ricerche - continua - è invece identificare un metodo più generalizzabile, non invasivo e capace di velocizzare il processo”. Il problema è che gli ovociti non possano essere trattati, al fine di preservarli, e non c’è quindi modo di capirne lo stato di salute. “Noi ci siamo chiesti se potessero essere usati come indicatori dello stato di salute degli ovociti le loro caratteristiche meccaniche, cioè la deformabilità, l’elasticità e la rigidità. La risposta è risultata affermativa”, dice la ricercatrice del Cnr-Iom.

“Già in una prima ricerca effettuata nel 2016 con microscopi atomici commerciali, abbiamo trovato una prima traccia di correlazione tra la deformabilità e lo stato fisiologico o patologico degli ovociti. Ma questi microscopi - spiega Andolfi - operano attraverso sonde troppo piccole per comprimere uniformemente l’intero ovocita, che è una delle cellule più grandi del corpo umano, e quindi riescono a misurare solo la deformabilità della loro membrana esterna”. La seconda parte della ricerca ha riguardato pertanto la costruzione di sonde specifiche, più grandi, capaci di imprimere omogeneamente la forza su tutta la cellula. “Con tali sonde abbiamo osservato e verificato la deformabilità dell’intero l’ovocita, e non solo della membrana esterna, ottenendo un’ulteriore conferma dell’efficacia di questo parametro. Le caratteristiche meccaniche sono effettivamente utili per stabilire lo stato di salute delle cellule da fecondare”, prosegue Andolfi.

I ricercatori del Cnr hanno dimostrato l’efficacia di questa tecnica di indagine lavorando inizialmente su ovociti umani forniti dall’Irccs Burlo. “A questo punto abbiamo voluto capire se l’analisi delle proprietà meccaniche fosse efficace nonostante i processi di crioconservazione cui gli ovociti possono essere sottoposti dopo l’estrazione”, aggiunge Marco Lazzarino del Cnr-Iom. “Abbiamo dunque preso ovociti umani freschi, ne abbiamo misurato le proprietà elastiche, li abbiamo congelati - prosegue - e dopo qualche tempo ne abbiamo rimisurato le proprietà, confermando che la crioconservazione lascia l’ovocita inalterato. Inoltre, attraverso una serie di controlli incrociati condotti con gli embriologi del Burlo abbiamo verificato che anche le tecniche di misurazione delle proprietà meccaniche delle cellule rimangono efficaci dopo il congelamento”. Il lavoro di ricerca, finanziato dal programma regionale BioMec, apre ora la strada alla sperimentazione diretta su ovociti animali per verificare l’efficacia del processo fino alla sua fase conclusiva, verificando così la correlazione tra la corretta selezione di ovociti e il raggiungimento di una gravidanza di successo.

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