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Tra i tantissimi benefici già noti dell’allattamento al seno, sia per il bambino che per la mamma, se ne aggiunge un altro: il latte materno, così come quello di Banca donato, proteggono il neonato da virus pericolosi nel periodo perinatale e da nuovi virus emergenti trasmessi da zanzare invasive da poco presenti in Italia. Lo dimostrano una serie di ricerche effettuate nell’ultimo anno presso la Città della Salute di Torino e recentemente pubblicate su prestigiose riviste scientifiche internazionali: l’attività antivirale contro Cytomegalovirus del latte umano è stata pubblicata sul Journal Pediatrics Gastroenterology Nutrition, quella sull'attività anti-Rotavirus (virus delle gastroenteriti) e anti-Virus Respiratorio Sinciziale (la prima causa di bronchiolite nel primo anno di età) verrà invece a breve pubblicata su Pediatric Research (). Altri due studi sull’attività antivirale del latte umano fresco e di Banca sono stati pubblicati su Frontiers in Pediatrics e Journal of Steroid Biochemistry and Molecular Biology.

Gli effetti del latte materno sulla salute del bambino sono stati anche al centro del congresso internazionale dell’Associazione Europea Banche del Latte Umano donato, organizzato dalla Neonatologia universitaria della Città della Salute di Torino. "Nel caso dei neonati pretermine - spiegano gli esperti di Città della Salute di Torino - il latte materno, così prezioso per la loro salute a breve e lungo termine, può non essere disponibile, almeno nel primo periodo dopo il parto: in questi casi il latte umano donato, secondo le raccomandazioni dell’OMS e dell’Accademia Americana di Pediatria, rappresenta la migliore alternativa, tanto che per loro può essere considerato un farmaco salvavita, ancor di più nei paesi a risorse limitate. In particolare, dalla collaborazione del gruppo di Enrico Bertino e dei virologi diretti da professor David Lembo, del Polo del San Luigi Gonzaga, è emerso che il latte materno è naturalmente dotato di un’attività neutralizzante non solo nei confronti di virus particolarmente pericolosi nel periodo perinatale (citomegalovirus, rotavirus e virus respiratorio sinciziale), ma anche contro virus emergenti trasmessi dalle zanzare invasive, come il virus Zika ed il virus Usutu, da poco presenti anche in Italia. “Questi risultati sostengono ulteriormente l’uso del latte materno fresco o di banca, come alimento di elezione non solo per la nutrizione ma anche per la protezione del neonato”, sottolineano gli esperti.

Di qui la sfida che partirà dal Piemonte: la costruzione di un sistema integrato di Banche del latte a livello globale per poter fornire in sicurezza un alimento di qualità anche e soprattutto nei Paesi con risorse limitate, dove questo prezioso alimento può contribuire in maniera determinante alla sopravvivenza ed alla qualità di vita e di salute futura anche dei soggetti più fragili. Attualmente esistono in Europa 238 Banche del Latte Umano Donato, delle quali 37 sono in Italia, che insieme alla Francia ed alla Svezia, si colloca al primo posto in Europa. A Torino, presso l'ospedale Regina Margherita della Città della Salute, è attiva dal 1977 una delle più grandi Banche d’Europa che tratta ogni anno oltre 700 litri di latte. La distribuzione delle banche in Europa è tuttavia ancora disomogenea, ed anche in Italia si calcola che solo un terzo dei 5000 nati/anno con peso inferiore a 1500g possa disporre oggi di latte donato, con profonde differenze tra Nord, Centro e Sud. Ancor più disomogenea è la distribuzione delle 600 Banche esistenti attualmente nel mondo, con gravissime carenze in Africa, Medio Oriente, Europa dell’Est ed in alcuni Paesi del Sud America. “Trasferire ed adattare ai Paesi a risorse limitate le più avanzate conoscenze scientifiche, tecnologiche ed organizzative di cui dispongono l’Italia e l’Europa sulla raccolta, conservazione e trattamento del latte umano donato può diventare un investimento sulla salute ad alto rendimento ed uno strumento straordinario per ridurre le diseguaglianze e creare la base per il miglioramento dell’assistenza neonatale e della qualità di vita futura anche nelle zone più disagiate del mondo”, concludono gli esperti.

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