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L'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha lanciato una serie di messaggi pressanti, a livello globale, per una limitazione drastica del consumo di alcuni tipi di grassi.

L'innalzamento stagionale delle temperature e, per alcuni, l'ambizione di un esito accettabile della “prova costume” convergono nella tendenza a una limitazione dei bisogni e dei consumi calorici ma la questione è ben lungi dal rappresentare solo un tema “estetico”.

L'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha infatti colto la palla al balzo per lanciare una serie di messaggi pressanti, a livello globale, per una limitazione drastica del consumo di alcuni tipi di grassi.

La stessa Oms, finora, non aveva collocato la qualità alimentare tra le sue massime priorità. Un suo primo documento, dedicato genericamente alle problematiche “non trasmissibili”, e “non patologiche” risale al 1989, un suo aggiornamento è stato formulato tredici anni più tardi. Adesso si annunciano delle nuove “linee guida” che fissano alcune priorità ineludibili. In particolare, si raccomanda una dieta in cui le calorie derivanti dai grassi saturi (presenti ad esempio nella carne o nei latticini) non superino il tetto del 10%.

Il documento è del resto presentato come una bozza, oggetto essa stessa di una “consultazione pubblica globale”, alla quale è possibile partecipare fino al primo giugno. La modalità partecipativa è concepita proprio per incentivare la consapevolezza sull'importanza della qualità alimentare, da parte dei Governi e dei produttori alimentari, ma anche dei singoli cittadini. Tra l'altro, viene sottolineato il nesso, oramai ben documentato dalla scienza, tra un eccesso di tali grassi e le patologie cardiovascolari, che costituiscono la principale causa di morte nel mondo, provocando, si stima, circa 17 milioni di decessi nell'ultimo anno.

Se il tetto per i grassi saturi è fissato al 10%, quello relativo ai cosiddetti “acidi grassi trans” industriali (contenuti perlopiù nei fritti di fast-food, merendine ecc.), dovrebbe non superare l'1%. A essi è attribuito infatti  l'aumento di rischio di patologie cardiovascolari (21%) e mortalità (28%). Lo stesso paletto dell'1% costituisce solo un'indicazione di massima, in quanto l'obiettivo dell'Oms è anzi quello di una totale “messa al bando” di tali grassi entro il 2023. Qualche passo rilevante – riconosce l'organizzazione – è già stato compiuto nei Paesi avanzati, ma molto rimane da fare, specie in quelli emergenti.

Il ricorso ai grassi “buoni”, e in particolare all'olio extravergine d'oliva, simbolo stesso della dieta mediterranea, si eleva dunque a priorità massima di un'alimentazione salubre. E però bene  anche evitare l'eccesso di “allarmismi” e “mode passeggere” sull'insieme del tema alimentare, come ricorda l'Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica (Adi), che riconosce il problema collettivo dell'incremento delle persone in sovrappeso ma, tramite una ricerca, scova un “colpevole” molto banale, ossia l'ampiezza aumentata dei nostri piatti. Morale, al netto di un'attenzione prioritaria a evitare i grassi saturi e quelli industriali, il messaggio è quello di recuperare il piacere del cibo, senza troppi paletti, se non quello, semplicissimo, di goderne in quantità moderate.

 

 

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