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Obesità, sedentarietà, cattive abitudini alimentari? Le ragioni del rapido aumento del diabete sono molte, ma è oramai accertato un “colpevole” in più: l’inquinamento. Una ricerca americana ha documentato come le polveri sottili abbiano fatto ammalare in un anno più di tre milioni di persone

Ė una delle patologie in più rapido aumento nel mondo: si stima quasi mezzo miliardo di persone coinvolte. E quando si parla di diabete i fattori di rischio perlopiù indagati riguardano gli “stili di vita”, specie nelle economie avanzate e ma anche in quelle emergenti, tra sedentarietà e scelte alimentari “industriali”, con ricadute sugli indici di obesità e sui rischi metabolici. Ma c’è un’altra variabile che viene presa in sempre più seria considerazione, ed è quella dell’inquinamento.

A rilanciarne il nesso, rispetto all’esposizione al diabete, è ora un esteso studio internazionale condotto negli Stati Uniti, che ha quantificato i danni delle polveri sottili sulla capacità del corpo di regolare correttamente gli zuccheri nel sangue. “Fino a una decina di anni fa pensavamo che l’inquinamento atmosferico causasse polmoniti, bronchiti, asma e poco altro, ora sappiamo che può causare tra l’altro danni cardiovascolari, tumori al polmone e malattie croniche al fegato”, ricorda lo scienziato newyorchese Philip Landrigan

Per quel che riguarda il diabete, si è oramai compreso come il particolato atmosferico possa raggiungere attraverso i bronchi la circolazione sanguigna, aumentando i livelli di infiammazione e riducendo la produzione di insulina. Nell’ultima stima, pubblicata sulla rivista Lancet, si ritiene che le polveri sottili abbiano contribuito ad almeno 3,2 milioni di nuovi casi nel solo 2016, pari al 14% del totale delle nuove diagnosi. 

Un altro aspetto rilevante dello studio è che vengono prese di mira perfino le “soglie di sicurezza” stabilite anche nell’ambito dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Negli Stati Uniti, ad esempio, dove il limite è fissato a 12 microgrammi per metro cubo d’aria, emerge che il rischio di diabete aumenti già a partire da 2,4 microgrammi.

E mentre in tutto il mondo i lobbisti sono al lavoro per allentare i pur cauti vincoli stabiliti sulle emissioni nocive, sarebbe viceversa oramai urgente “l’implementazione di politiche e interventi urbanistici orientati a diminuire l’inquinamento e aumentare l’attività motoria, tra piste ciclopedonali, strutture sportive a buon mercato, veicoli elettrici, controlli maggiori sulle emissioni auto, aree chiuse al traffico”, incalza il professor Gary O’Donovan, dell’Università delle Ande di Bogotà, in Colombia, una delle città in maggiore sofferenza. Il nesso insomma c’è, è assai stretto e, attenzione, si attiva perfino prima della nascita: tre anni fa uno studio svedese ha documentato come i rischi di diabete aumentino con l’esposizione all’inquinamento delle donne in gravidanza.

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