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Amanti o vittime del multi-tasking, rassegnatevi: il nostro cervello è capace di affrontare solo un tema alla volta, il che non riduce ma avvalora la fatica dei tanti (donne in primis), che devono affrontare più temi contemporaneamente. C’è un paradosso, però, rilevato da uno studio scientifico: chi “si sente” in multi-tasking” rende” di più. A nuova dimostrazione che la salute cognitiva passa per gli stimoli, non per il “riposo”

Togliamoci dalla testa che possiamo lavorare o vivere in “multi-tasking”. Ė una sciocchezza, rilanciata in questi anni dalla “rivoluzione digitale”, c soprattutto da quegli smartphone che ci danno l’illusione di avere sotto controllo, non solo genericamente “il mondo”, ma la totalità degli impegni quotidiani. Il che è un po’ vero, sul piano dell’informazione incassata. Ma non sulla nostra capacità di affrontarli. Qualsiasi psicologo, psichiatra o antropologo può dimostrare come noi esseri umani non siamo divinità onnipotenti: possiamo concentrarci e affrontare un solo tema alla volta.

Il che non è una “riduzione” rispetto alla fatica delle persone, tantissime, che devono affrontare una pluralità di problematiche contemporaneamente. Si pensi anzitutto alle donne, che gestiscono lavoro, casa, figli e, sempreché qualcosa rimanga, loro stesse. Al contrario, ne avvalora l’enorme sforzo, perché si tratta di “saltare” da un “pensiero” all’altro, ciascuno dei quali meritevole della massima attenzione.

Il tema - squisitamente sanitario  -  è stato approfondito dall’Università americana del Michigan con una pubblicazione su Psycological Science. “Il multi-tasking è un’illusione”, confermano gli studiosi, che però hanno notato anche qualcos’altro, in apparente contraddizione: quell’illusione costituirebbe uno stimolo per le prestazioni cognitive.

A confermarlo i risultati di uno studio realizzato sottoponendo 162 persone  a una serie di test (una raccolta di informazioni da un video divulgativo di una rete televisica, Animal Planet, nonché a una sorta di cruciverba). Ebbene, chi credeva di essere in una situazione “multi-funzionale” raggiungeva mediamente prestazioni assai migliori degli altri, non solo in quantità ma anche in quantità.

Ne emerge un paradosso. C’è una letteratura dilagante, scientifica e/o divulgativa, che spiega i rischi cognitivi degli “eccessi”, soprattutto in materia di frequentazione digitale quotidiana: alienazione, calo di concentrazione e apprendimento legato alla “facilità” dell’informazione, alienazione, depressione associata alla perdita di empatia. Quel che emerge ora è che però la percezione del “multi-tasking” può avere un effetto positivo sulle facoltà cerebrali. Un’illusione, come detto, ma è un’illusione che ci sollecita. L’evidenza scientifica ci dice che possiamo concentrarci solo a una cosa alla volta. Ma ora ci dice anche che, se sentiamo la pressione di dover affrontare molte problematiche, moltiplichiamo l’attenzione, seppure di breve periodo. A ennesima conferma, del resto, che il rischio di decadimento cognitivo non richiede banalmente “riposo”, ma ci chiama viceversa ad aumentare i nostri ambiti di impegno.

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