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Solo tra il 2009 e il 2016 si son persi oltre 12mila infermieri, in relazione ai vincoli di spesa per le Regioni.

“Le cose sono migliorate, quando sono entrato io in ospedale, nel 1973, le siringhe erano di vetro, i pappagalli erano di vetro, solo i cateteri non erano di vetro, meno male…” Scherza così il popolare Giacomo Poretti, ex infermiere diventato comico (trovando la celebrità soprattutto nel trio con Aldo e Giovanni), e tornato ora alle origini con un esilarante monologo sulla professione, inscenato all’Auditorium Parco della Musica di Roma in occasione del Congresso della Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche (Fnopi).

“Non c’era neanche il monouso, e potevi fare l’infermiere così, senza preparazione, oggi richiesta”, ricorda ancora Poretti. Oggi più qualità e più professionalità, dunque, ma al contempo meno infermieri. Se ne stima una carenza di 50mila unità, tra professionisti ospedalieri e, ancor di più, quelli che servirebbero per rendere operativa la tanto agognata “sanità territoriale”, destinata a potenziare l’assistenza diffusa e magari ad alleviare il peso riversato sui Pronto soccorso e l’insieme dei servizi e delle strutture dei nosocomi.

Solo tra il 2009 e il 2016 si son persi oltre 12mila infermieri, in relazione ai vincoli di spesa per le Regioni.  “Il Paese ha bisogno di infermieri, eppure il Servizio Sanitario Nazionale vede un costante decremento dei professionisti in Sanità e conseguentemente una sempre minore capacità di rispondere ai bisogni di salute della popolazione”, nota Barbara Mangiacavalli, presidente Fnopi, ricordando che “il rispetto della persona parte dal presupposto di farla vivere in buona salute”, e contestando “un’economia che per sostenere se stessa finora ha limitato e tagliato i beni primari della vita”. 

“Blocco del turn over, blocco dei contratti, minutaggi sono state le principali leve del governo del Ssn messe in atto in questi anni”, protesta anche Tonino Aceti, Coordinatore del Tribunale dei diritti del Malato di Cittadinanzattiva, annunciando (a margine di varie mobilitazioni a sostegno dei farmaci generici) una collaborazione con la stessa Fnopi. E illustrando inoltre un apposito studio sulla professione, dal quale emerge una valutazione estremamente favorevole da parte dei pazienti sulla qualità, il servizio e l’attenzione umana dimostrata dagli infermieri, perfino al di fuori dell’ambito del ricovero ospedaliero. Insomma, pur tra fatiche aumentate, turni massacranti e domeniche spesso scomparse, loro ci sono sempre, amatissimi dagli italiani. E la stessa Agenzia Italiana del Farmaco ne riconosce l’alta professionalità, tanto da “aprire”, col Direttore Generale Melazzini, la prospettiva che possano essere essi stessi titolati a prescrivere i medicinali. Resta, e anzi si aggrava, il problema è che son pochi, e questo davvero non va bene.

 

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