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Il tema è cruciale nel settore farmacologico, a partire dall’ambito dei generici, che hanno gli stessi principi attivi, qualità e sicurezza, con la sola differenza di un prezzo più basso

“La commercializzazione è sempre più impersonale. La scelta dei consumatori è influenzata dai media di massa che utilizzano tecniche di persuasione molto sofisticate. Il consumatore non è solitamente messo in condizione di sapere se le preparazioni dei farmaci rispettino i requisiti minimi di sicurezza, qualità ed efficacia”. Era il 15 marzo del 1952, agli albori del boom del capitalismo post-bellico, quando John Fitzgerald Kennedy presentò al Congresso il suo storico discorso sui diritti dei consumatori, su cui aveva tra l’altro incentrato la sua campagna per l’elezione presidenziale. Una data poi divenuta ricorrenza annuale mondiale a fronte della presa d’atto che “siamo tutti consumatori” e in quanto tali meritiamo un’adeguata protezione.

Pochi però ricordano che uno dei passaggi cruciali dello storico discorso riguardò appunto l’ambito farmacologico, ambito che poi conosciuto gli sviluppi più rilevanti in materia di tutela e trasparenza. Ne sono un esempio, a livello europeo, la nascita e lo sviluppo di una sempre più intensa attività di farmacovigilanza e l’introduzione di una disciplina sempre più rigorosa per la commercializzazione dei medicinali. La disciplina comunitaria trova peraltro nel nostro Paese una tra le declinazioni più rigide, definendo obblighi stringenti in materia di informazione e promozione del prodotto (principi attivi, effetti collaterali eccetera) e regolando anche  le modalità tecniche di realizzazione degli spot pubblicitari, ammessi peraltro solo per farmaci da automedicazione, che il cittadino può acquistare senza ricetta medica.

E c’è anche un altro aspetto che viene scarsamente ricordato del discorso del presidente americano, ossia il “diritto a un prezzo ragionevole”. Il tema è cruciale nel settore farmacologico, a partire dall’ambito dei generici, che hanno gli stessi principi attivi, qualità e sicurezza, con la sola differenza di un prezzo più basso, fattore che discende dal fatto che la licenza sul medicinale è scaduta, sicché il produttore non deve più scontarne i costi. Il settore è in crescita proprio perché consente di utilizzare prodotti di qualità garantita risparmiando sia ai singoli cittadini che ai servizi sanitari, come dimostrano le Regioni più virtuose, specie nel Nord Italia.

Ma siamo ancora al di sotto di altri Paesi europei, e permane qualche paradosso: le imprese che producono gli equivalenti, come conferma l’ultimo rapporto Nomisma-Assogenerici, hanno visto aumentare i ricavi meno dei costi: tradotto, si tende a scaricare sui produttori che salvano le tasche della Sanità e dei pazienti l’onere dei conti in rosso altrui.

Sono temi che i pazienti largamente conoscono, tant’è che le loro principali associazioni – a iniziare dalla rete nazionale di Cittadinanzattiva – si mobilitano assiduamente in favore dei generici. Permangono però ancora interessi avversi e resistenze psicologiche, ampiamente documentate. L’Istituto Nazionale di Sanità ha recentemente avviato un apposito portale sulle “fake news” nel settore, che sono tante e pericolose, propagandandosi nello sconfinato mondo delle nuove tecnologie di comunicazione. Una delle “bufale” più insidiose, per la nostra salute e le nostre tasche, è proprio quella di chi ancora obietta sulla completa equivalenza dei generici rispetto ai medicinali di marca, citando a motivazione paradossalmente proprio il minor prezzo, ossia il diritto dei consumatori.

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