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Danni fisiologici, rischi tumorali, l’inquinamento causato dalle onde emesse dai dispositivi. Sono diversi gli allarmi e gli studi che, seppur tra qualche parziale obiezione qua e là, forniscono un sacrosanto richiamo alla cautela sull’uso dei telefonini.

Danni fisiologici, rischi tumorali, l’inquinamento causato dalle onde emesse dai dispositivi. Sono diversi gli allarmi e gli studi che, seppur tra qualche parziale obiezione qua e là, forniscono un sacrosanto richiamo alla cautela sull’uso dei telefonini. Dall’Università del Texas (ad Austin) ne arriva uno ulteriore, che si concentra sugli aspetti psicologico-cognitivi, e ne documenta il danno.

Gli studiosi americani hanno coinvolto quasi 800 utilizzatori di smartphone, sottoponendoli a una serie di test, e introducendo alcune variabili in relazione al dispositivo stesso: questo veniva posizionato per alcuni sulla scrivania, per altri nella loro tasca o borsa, per altri ancora in un’altra stanza, in tutti i casi con la raccomandazione di disattivarne i suoni, in modo che non fossero mai di apparente disturbo alla concentrazione sul lavoro richiesto.

Ebbene, al termine dei vari test, è emerso un esito chiaramente migliore tra i partecipanti che tenevano il telefonino nell’altra stanza, a decrescere progressivamente in relazione alla sua accessibilità. “Una tendenza lineare, quanto più lo smartphone è percettibile, tanto più le capacità cognitive diminuiscono”, spiegano gli scienziati americani, notando per giunta come fosse irrilevante la variabile sull’accensione o meno del telefonino.

Insomma, la sola presenza sarebbe sufficiente a “spegnere” almeno parzialmente il cervello. “Non è che il cervello pensi coscientemente allo smartphone, ma il fatto che si sia attiva il cosiddetto brain drain, ossia il processo attraverso il quale ci si richiede di meno, ci si permette di limitare l’uso delle proprie risorse cognitive”, commentano dal Texas.

In altre parole, il nostro cervello tende ad adagiarsi a quel che tende a considerare il proprio sostituto, o quantomeno un prezioso ausilio. Si tratta di esiti che possono essere scontati, ma che rivelano una verità profonda, da consegnarsi non solo alla scienza e all’ambito psicoterapeutico, ma al genere umano, sin dall’età evolutiva. Quell’oggetto che sembra racchiudere il mondo, per le sue possibilità infinite di informazione e di comunicazione, pubblica e privata, in realtà toglie qualcosa a noi stessi. All’evidenza, dimenticare ogni tanto quell’oggetto a casa può non essere un problema, bensì la nostra salvezza.

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