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Un “divieto” medico all’escursione in alta montagna permane, ma solamente per chi soffre di patologie coronariche gravi.

Il quesito si ripropone, al variare delle stagioni: la montagna è tanto bella e tanto salubre, ma è davvero alla portata delle persone con seri problemi cardiovascolari, date le carenze di ossigeno in alta quota? Un gruppo di scienziati, guidati dal cardiologo Gianfranco Parati dell’Università Bicocca di Milano, ha fatto ora il punto, con una pubblicazione sulla rivista European Heart Journal sulle conoscenze fin qui acquisite dalla ricerca medica.

La risposta è sostanzialmente quella di un’ampia rassicurazione, purché all’interno di alcuni limiti e raccomandazioni da seguire per bene. Un “divieto” medico all’escursione in alta montagna permane, ma solamente per chi soffre di patologie coronariche gravi. Per tutti gli altri, l’attenzione va calibrata in funzione dell’altitudine.

Per le coronaropatie lievi praticamente le limitazioni di altitudine non sussistono, a meno di non voler raggiungere qualche vetta himalaiana; altrimenti, perfino le cime alpine sono sostanzialmente “innocue”. La vera differenza è rappresentata dalle patologie di media portata: per esse la raccomandazione c’è, sebbene “blanda”, in quanto si limita a sconsigliare di superare la considerevole quota dei 2.500 metri.

È a tale altitudine che si riscontra un calo rilevante dell’ossigeno, che innesca un aumento della frequenza respiratoria e della pressione sanguigna, con ricadute  sull’intero sistema cardiovascolare.

Questo per quel che riguarda i pur modesti paletti sulle altimetrie. Per il resto, la raccomandazione è piuttosto nei comportamenti. “Il paziente cardiologico non deve necessariamente privarsi del piacere della montagna o del viaggio ma deve affrontare la situazione con serietà, consapevolezza, prudenza e preparazione”, spiega Parati.

In questo le priorità sono quelle di un minimo di allenamento fisico, un’ascensione in quota da effettuare gradualmente, un controllo preventivo sui propri valori, un eventuale adeguamento del supporto farmacologico in base alla valutazione personalizzata del medico, l’attenzione a una dieta leggera, con tanta acqua e vitamine, pochi grassi, evitando naturalmente fumo e alcol. Al resto ci pensa la montagna: se rispettata, non è un'insidia ma un toccasana per la salute, anche del cuore.

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