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Un’indagine dell’organizzazione Health Comsumer Powerhouse conferma le criticità del nostro Servizio Sanitario Nazionale, e lo colloca piuttosto indietro nelle graduatorie europee. A pesare, soprattutto, è la variabile delle ampie discrepanze regionali, sconosciute altrove. Su questo #Cittadinanzattiva ha lanciato una specifica campagna

Le criticità del nostro Servizio Sanitario Nazionale, a fianco delle perduranti virtù, sono amaramente note all’esperienza di molti. E quando si fanno approfondimenti comparati con altri Paesi escono perlopiù conferme. Ė ad esempio il caso dell’ultimo rapporto dell’organizzazione Health Consumer Powerhouse, che valuta e “classifica” la qualità dell’assistenza in Europa sulla base soprattutto della percezione dei pazienti. Ci colloca in un modesto 20esimo posto tra 35, in una gerarchia che vede primeggiare i Paesi Bassi, seguiti dalla Svizzera.

La valutazione viene effettuata comparando i dati statistici ufficiali e i livelli di soddisfazione dei cittadini intorno a ben 46 indicatori, suddivisi in sei aree (diritti dei pazienti e informazione, accesso alle cure, risultati trattamenti, gamma servizi, prevenzione e l'uso di prodotti farmaceutici). L’esito, nel suo insieme, è tutt’altro che “catastrofista”: “L'assistenza sanitaria europea sta migliorando costantemente: la mortalità infantile e il tasso di sopravvivenza alle malattie cardiache, ictus e cancro stanno dando buoni risultati. Inoltre l’empowerment del paziente si sta sviluppando”.

E anche sul nostro Paese, se si guarda ai numeri, si rileva un pur lieve recupero rispetto all’anno precedente, quand’eravamo 22esimi. Allargando il raggio, però, la tendenza al peggioramento c’è, in quanto alle prime rilevazioni, effettuate dodici anni fa, eravamo intorno al 15esimo posto, mentre alle ultime siamo costantemente dalla posizione 20 in giù. Ed è soprattutto la motivazione principale di tale discesa a destare crescente preoccupazione e a configurare una vera e propria “anomalia italiana”.

La grande nota dolente è quella delle gravissime sperequazioni territoriali, in parte dovute a ragioni economiche, in parte all’assetto organizzativo. “L’Italia ha la più grande differenza riferita al Pil pro capite tra le Regioni di qualsiasi Paese europeo, il Pil della regione più povera è solo 1/3 di quello della Lombardia (la più ricca)”, si legge. E poi: “Anche se in teoria l'intero sistema sanitario opera sotto un ministero centrale della salute, il punteggio dell’Italia è un mix tra il verde (livello alto) da Roma in su e il rosso (livello più basso) per le regioni meridionali e per questo su molti indicatori i punteggi sono gialli”.

Anche a livello europeo, dunque, il problema delle discrepanze nell’assistenza in Italia salta agli occhi. E conferma quanto più volte denunciato nel nostro Paese, incluso un recente studio, qui già segnalato, della rete associativa di Cittadinanzattiva, che ha lanciato un’apposita campagna in proposito. Ė un problema di equità, ma anche di costi collettivi. Un altro approfondimento, compiuto dalla Fondazione Gimbe, esamina l’esteso fenomeno della “mobilità interregionale” nella Salute, ossia gli spostamenti (perlopiù da Sud a Nord) effettuati per curarsi. Ebbene, si tratta di un costo annuo da 4,6 miliardi di euro. Con l’aggravante, nota la fondazione, che è un “fiume di denaro ancora poco trasparente”.

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