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Al momento siamo circa 7,5 miliardi e, sebbene l’Onu da qualche anno parli di un rallentamento della crescita (per il calo dei tassi di fecondità in molte aree, a iniziare dalla nostra), ha dovuto, anche all’ultimo rapporto in materia, rivedere viceversa al rialzo le sue stime per i prossimi decenni.

Tra le tante caratteristiche della nostra epoca si tende a dimenticare la più evidente. Siamo nel pieno di una bomba demografica senza precedenti, che ha quadruplicato la popolazione nell’arco di un secolo. Al momento siamo circa 7,5 miliardi e, sebbene l’Onu da qualche anno parli di un rallentamento della crescita (per il calo dei tassi di fecondità in molte aree, a iniziare dalla nostra), ha dovuto, anche all’ultimo rapporto in materia, rivedere viceversa al rialzo le sue stime per i prossimi decenni. Sicché, già poco dopo il 2050 sfonderemo la soglia dei 10 miliardi di anime.

Il problema è non solo che siamo tanti, probabilmente troppi, e sempre di più, ma anche perché saremo sempre più vecchi, specie nel nostro continente, complice il passare degli anni per i cosiddetti “baby-boomers” nati intorno agli anni ’60. Nel prossimo mezzo secolo la popolazione europea in età lavorativa diminuirà del 14,2%, quella sopra i 65 anni (su cui l’Italia è già al vertice in Europa) salirà dal 17% a quasi il 30%, gli over-80 si triplicheranno. Le autorità europee da anni affrontano il fenomeno con la priorità dell’“active ageing”, anzitutto dal punto di vista del coinvolgimento sociale ed economico, ma il tema è anzitutto sanitario, come riconosciuto dalla stessa Organizzazione Mondiale della Sanità.

A determinare la piramide invecchiata è soprattutto il successo della medicina contemporanea, che ha allungato notevolmente la speranza di vita, ma è ora proprio il sistema-salute a essere sotto pressione, sui numeri, e anche sul cambio delle priorità e modalità dell’assistenza. Se n’è parlato nei giorni scorsi a Trieste (incantevole centro, curiosamente esso stesso ai vertici europei per l’età media degli abitanti), al 18esimo Congresso nazionale della Società Italiana di Riabilitazione Neurologica (Sirn).

"L'invecchiamento della popolazione è tipicamente accompagnato da un aumento delle malattie non trasmissibili come quelle cardiovascolari, il diabete, la malattia di Alzheimer e altre patologie neurodegenerative, tumori, malattie polmonari croniche ostruttive e problemi muscoloscheletrici”, nota Stefano Paolucci, direttore alla Fondazione S. Lucia-IRCCS di Roma, citando tra l’altro il caso delle persone affette da demenza nel mondo: se ne stimano attualmente 47 milioni, saranno oltre 130 milioni entro il 2050.

Alcuni numeri sono promettenti, come la tendenza alla diminuzione dell’incidenza degli ictus, ma non bastano a fermare una tendenza complessiva che dovrà porre sempre più al centro dell’attenzione alle patologie legate alla terza età, e farlo con un approccio multidisciplinare che coinvolga medico, fisioterapista, terapista occupazionale, psicologo, infermiere. “Stimolare corpo e mente, promuovere uno stile di vita atto a vivere in maniera sana, senza eccessi, come fumo, stress, malnutrizione e alcol”, riepiloga Carlo Cisari, presidente Sirn, ricordando che gli anziani malati, “lasciati a sé, perdono drasticamente le loro capacità”. Non deve più accadere.

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