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Attenzione, perché oggi qualsiasi messaggio nell’ambito della lotta al fumo può essere scivoloso, “a rischio”, nel senso che può a volte perfino combaciare con alcune subdole campagne per promuoverle.

Attenzione, perché oggi qualsiasi messaggio nell’ambito della lotta al fumo può essere scivoloso, “a rischio”, nel senso che può a volte perfino combaciare con alcune subdole campagne per promuoverle. E per la verità perfino parlare di “lotta al fumo” può essere ragionevolmente contestato da alcuni, a iniziare dall’autore di un best-seller mondiale che ha persuaso parecchi a smettere attaccando proprio il concetto - alimentato a suo dire proprio dai produttori - che “smettere” sia poi davvero così “difficile”.

E questo riguarda nei nostri giorni anche, e forse soprattutto, il tema delle “e-cig”, tuttora aperto e dibattutissimo, tanto da mettere di traverso tra loro anche alcune associazioni dei pazienti e di addetti ai lavori. L’ultima presa di posizione in Italia arriva dalla Società di Tabaccologia (Sitab), che sferra un attacco all’idea di una “riduzione del danno” che sarebbe associata alla diffusione delle sigarette elettroniche.

“Le multinazionali non pensano alla riduzione del danno ma all’aumento dei profitti”, nota il presidente della Sitab Biagio Tinghino, citando il fatto che il boom odierno dei vaporizzatori (avvenuto in parecchio ritardo rispetto alla loro invenzione, avvenuta mezzo secolo fa) non avrebbe fatto diminuire il tabagismo bensì anzi incrementare i “fumatori duali”, che consumano entrambi i tipi di sigarette, se non addirittura favorire l’avvicinamento dei giovani al tabacco.

Di segno diametralmente opposto la Lega Italiana Antifumo, che ha recentemente contestato perfino la posizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ostile alle sigarette elettroniche - prese di mira appunto quali strumenti inefficaci di “riduzione dei rischi” – ricordando invece il concetto che è “il tabacco il vero nemico della salute pubblica”, fatto peraltro riconosciuto dalla stessa Sitab.

Nella confusione tra una posizione e l’altra, il nodo è anzitutto di comunicazione, e si tratta allora di fissare un paio di paletti di chiarezza. Primo, è vero, il messaggio della “riduzione del danno” può essere ambivalente tanto da esser gradito ad alcune multinazionali, nella misura in cui serve a relativizzare il danno sanitario del tabacco o a ricorrere a strategie non risolutive per uscire dalla dipendenza. Secondo, d'altronde, guai a relativizzare all’incontrario sminuendo le differenze. Le sigarette elettroniche non sono certo salubri, né è acclarato che siano utili a smettere di fumare. Ma “non contengono tabacco e non prevedono la combustione”, ricorda l’oncologo Riccardo Pelosa, in una presa di posizione firmata l’anno scorso da alcuni tra i più illustri scienziati del settore, incluso il compianto Umberto Veronesi, corredata da analisi scientifiche che documentano un dato inconfutato di fondo: il problema grave di salute pubblica era e resta quello della sigaretta tradizionale. Le scorciatoie o gli “strumenti alternativi” per tentare di smettere sono discutibili, l'importante è che lo si faccia davvero.

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