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Un “farmaco vivente e personalizzato” realizzato dalle cellule stesse del sistema immunitario. In arrivo “#Car-T”, fresco di approvazione da parte dell’Agenzia Europea per i Medicinali. Un cambio “di strategia” sottolineato dagli scienziati, su cui peraltro permangono alcuni ostacoli, tecnologici e di costo

Aggredire i tumori facendo leva sul sistema immunitario del paziente, opportunamente “risvegliato”. Ė la logica della nuova terapia cellulare - su cui hanno lavorato anche scienziati italiani - che ha ricevuto il via libera dell’Agenzia Europea per i Medicinali, a un anno dal placet dalle autorità statunitensi. E che suscita parecchie speranze nel mondo della ricerca

La nuova metodica si chiama “Car-T”, rispondendo all’acronimo di Chimeric Antigen Receptor, ossia una proteina ibrida sintetica (quindi creata in laboratorio), mentre la “T” si riferisce al linfocita chiave delle nostre difese immunitarie. La tecnica, piuttosto complessa, consiste nell’isolare i globuli bianchi del paziente. Da questi vengono quindi selezionati i linfociti, inserendo il frammento di Dna che reca le informazioni necessarie a calibrare la proteina. Le cellule T così rielaborate costituiscono così il “farmaco vivente”, che quindi viene moltiplicato e reinfuso nel corpo del paziente.

Si tratta di una terapia una tantum che, al riscontro delle verifiche europee, ha dato esiti incoraggianti: una risposta è stata riscontrata nel 72% dei pazienti, in oltre la metà dei casi la risposta è stata “completa”, e a un anno dall’infusione oltre il 60% dei malati gravi era ancora in vita. Un “medicinale personalizzato” per definizione, dunque, anzi una vera e propria “nuova strategia terapeutica” – spiega Andrea Biondi, direttore di Clinica Pediatrica all’Università di Milano Bicocca - “per la prima volta abbiamo evidenza che il sistema immunitario, geneticamente manipolato, può rappresentare un'arma contro il tumore”. Al risultato ha contribuito non poco l’Italia, anche nell’ambito dei trial registrativi, che hanno coinvolto strutture in Lombardia e Lazio.

Il bersaglio “certificato” è il linfoma diffuso a grandi cellule B, un tumore molto aggressivo che colpisce adulti e anziani, e la leucemia linfoblastica acuta, il tumore pediatrico più frequente. Patologie su cui già agisce positivamente la chemioterapia, ma non sempre, in quanto c’è una parte dei pazienti (circa un quinto) che non risponde affatto. La rete oncologica Alleanza Contro il Cancro plaude e guarda oltre: “Ė probabile che a breve vengano sviluppate terapie Car-T anche in altri tipi di tumore”, sottolinea il presidente Ruggero De Maria.

Non mancano però le difficoltà, dall’allestimento di centri attrezzati per la terapia alla natura delle stesse. “Sono trattamenti gravati da importanti tossicità – ricorda ancora Biondi - quando un paziente inizia questa terapia, nella prima settimana può avere bisogno di essere trasferito in una rianimazione, per gli effetti della reazione immunologica nell’organismo”. E poi c’è il problema dei costi, per le casse pubbliche e private, su cui l’Agenzia Italiana del Farmaco dovrà negoziare con i produttori. Negli Stati Uniti – che peraltro hanno un sistema poco comparabile – si arriva a quasi mezzo milione di dollari.

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