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Il governo americano sta provando a far chiarezza sull'importanza dei medicinali equivalenti nella lotta all'epilessia, le associazioni dei pazienti e la stampa scientifica si muovono di pari passo.

L’epilessia è un dramma per la salute e la persona, ed è anche percepito come un problema sociale, dal proprio vissuto alla sua accettazione per gli altri. Ha bisogno di cure, non di sciocchezze, men che mai quelle che ogni tanto circolano sul generico. Il governo americano sta provando a far chiarezza su questo, le associazioni dei pazienti e la stampa scientifica si muovono di pari passo. Per ricordare l’urgenza e l’affidabilità del ricorso ai farmaci equivalenti.

I generici sono davvero equivalenti?” Il quesito, già posto molte volte, è stato rinnovato con riferimento specifico all’epilessia da una sperimentazione dell’Università di Cincinnati in coordinamento con una decina di altre istituzioni scientifiche, grazie al supporto finanziario sia dell’esecutivo federale che delle principali fondazioni del settore. Ebbene, la risposta è stata di nuovo pienamente affermativa.

Sono stati considerati 35 casi di epilettici trattati in sei diversi ospedali. Un farmaco contro le convulsioni, chiamato lamotrigine, utilizzato per 14 giorni, è stato poi sostituito con un generico per il medesimo periodo. Oltre ad accertarne la bioequivalenza, si è rilevato il perfetto decorso terapeutico, senza alcun impatto negativo per i pazienti. Si tratta dello “studio più rigoroso in materia”, sottolineano i ricercatori.

L’indagine è stata pubblicata anche sulla celebrata rivista Lancet, che inoltre riporta alcuni dati impressionanti sul risparmio generato dal passaggio all’equivalente. Negli Stati Uniti, dove oramai costituisce la maggioranza delle prescrizioni, i consumatori hanno potuto spendere 158 miliardi di dollari in meno solo nel 2010. La cifra potrebbe raddoppiarsi in un paese come la Cina, con risparmi potenziali stimati al 65%, percentuale che sale fino al 90 nei paesi a reddito medio o basso.

Non si tratta solo di spendere meno, il nodo è che quel risparmio consente di ampliare la platea dei pazienti e di liberare risorse per la ricerca. Il concetto è oramai chiaro anche nelle istituzioni e nella scienza italiana, ma permangono resistenze. “ E’ tempo che gli scettici sul passaggio agli equivalenti antiepilettici cambino idea”, incalza sulla stessa Lancet il farmacologo Emilio Perucca, ordinario a Pavia.

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