MENU
Lo studio, pubblicato sul “New England Journal of Medicine ”, ha raccolto gli esperti di diverse istituzioni sanitarie della capitale britannica che si sono concentrati sul caso specifico di due donne che avevano manifestato problemi visivi a un occhio solo.

Da precisare subito, non è una bocciatura a 360 gradi, anzi, né riguarda solo gli smartphone. Nondimeno va colto con attenzione l'appello lanciato da un gruppo di ricercatori londinesi sull'utilizzo assiduo dei dispositivi elettronici. E l'appello sostanzialmente è quello di lasciare il telefonino alla larga quantomeno quando si va a letto.

Lo studio, pubblicato sul “New England Journal of Medicine ”, ha raccolto gli esperti di diverse istituzioni sanitarie della capitale britannica (la City University London, il Moorfields Eye Hospital, il King’s College e il National Hospital for Neurology and Neurosurgery) che si sono concentrati sul caso specifico di due donne che avevano manifestato problemi visivi a un occhio solo.

Arrivando subito alla conclusione dei ricercatori, essa è che in entrambi i casi la “colpa” principale non stava nel dispositivo, bensì nel diverso impiego imposto ai due occhi. Nell’atto di coricarsi, il comportamento è tipicamente quello di affondare un occhio nel cuscino, mettendolo “al buio”. Questo non ha solo l’effetto di “scaricare” sull’altro l’intera fatica, ma anche di fornirgli un segnale “cieco”, con un effetto di qualche minuto, conosciuto come “ bleaching differenziale dei fotopigmenti”, implicando una riduzione della sensibilità misurabile a livello della retina.

Nulla, in sé, di particolarmente drammatico né di nuovo, trattandosi di un sintomo temporaneo rilevato anche in condizioni normali da pazienti con cataratta e, in passato, anche al cospetto della televisione (quando guardata appunto a letto, con un occhio solo), tanto da esser battezzato come “Cecità di Carson”, in nome di un compianto showman televisivo americano. Di più, il proposito della ricerca non era quello di “procurare allarme”, ma viceversa di “rassicurare” i colleghi medici sulla diffusa sintomatologia, evitando loro (e soprattutto ai pazienti) il carico immediato e diffuso di costose analisi, a volte inutili.

Quella “cecità” temporanea va presa sul serio, perché a volte segnala ben altro, inclusi rischi di ictus, come documentano ricerche pregresse, benché normalmente costituisca un disturbo solo provvisorio. In ogni caso l’ampiezza odierna dell’uso di smartphone e simili reclama un’esigenza di cautela per noi tutti. Abbiamo bisogno di riposare dalle nuove tecnologie, e lo meritano anzitutto i nostri occhi, almeno quando ci adagiamo su un cuscino.

Articoli Correlati

x