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Alla soglia di Capodanno l’Istituto di Statistica si è sentito costretto a intervenire su qualche commento allarmato alle proprie cifre, relative alla mortalità

L’Istat invita alla cautela nelle analisi dei dati di mortalità”. Alla soglia di Capodanno l’Istituto di Statistica si è sentito costretto a intervenire su qualche commento allarmato alle proprie cifre. E ha fatto bene, perché qualche preoccupazione c’era e c’è. A dicembre è stato stimato un incremento dei decessi tendenziale (su base annua) di addirittura l’11,3%, pari a circa 68mila morti in più.

Sono dati aggregati, riferiti fino all’agosto scorso, sicché per la conferma delle percentuali e per un’analisi “disaggregata” sulle cause ci vorranno mesi, se non anni. Questo dice l’Istat e qualsiasi serio ricercatore. Sui grandi numeri valgono due regole fondamentali: la prima è che ci vuole tempo per sezionarli e capirli; la seconda è che, se sono davvero grandi, rivelano comunque qualche verità, non sono casualità.

Di qui le prime congetture, da tuttologi ma anche da demografi e medici, chi a tirare in ballo l’invecchiamento degli italiani, chi a ricordare lo “scandalo vaccini” che ha scoraggiato molti all’assunzione, chi a citare i rilevamenti sullo smog, chi a notare la tendenza generale al decremento della popolazione che ha segnato il passo nel 2015 in misura che non accadeva da un secolo. Tutti dati veri ma che non possono, almeno da soli, spiegare tutto.

Molti attaccano poi i tagli alla Sanità. “Ci si ammala sempre più (per i motivi di cui sopra) e ci si cura sempre meno”, si dice. Tra loro l’associazione “Italia Aperta”, che con un blog ben documentato (e gestito in piena autonomia) sul Fatto Quotidiano, punta il dito proprio sulla variabile farmaceutica, con particolare riferimento agli equivalenti. “ La quota di mercato rappresentata da farmaci generici è quadruplicata dagli anni 2000, contribuendo alla riduzione dei prezzi e della spesa. Tuttavia – si legge ancora - la penetrazione dei farmaci generici resta relativamente bassa in Italia, e rappresenta il 19% del mercato farmaceutico totale in volume nel 2013 (rispetto a un media OCSE del 48%) e l’11% in valore (meno della metà della media OCSE, pari a 24%) ”.

Niente allarmismi sull’aumento della mortalità, dunque. Ma il dato c’è e qualcosa dice.

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