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Come ogni “rivoluzione” anche quella “digitale” presenta contraccolpi, anche sanitari, a cominciare dagli occhi, sempre più sottoposti allo stress degli schermi. L'Oms lancia l'allarme sulla miopia che caratterizza un numero crescente di giovanissimi e potrebbe portare coinvolgere addirittura metà della popolazione mondiale entro il 2050. Anche la ricerca peraltro avanza, proprio con “microchip” al servizio della vista

La chiamano “quarta rivoluzione industriale”. Dopo la macchina a vapore, l’energia elettrica e le telecomunicazioni, siamo piombati nel pieno della “connettività digitale pervasiva”, che ci rende il mondo assiduamente rintracciabile, e ciascuno di noi rintracciabile a esso, e lo fa con strumenti che vanno dal portatile al tablet fino al piccolo smartphone, che portiamo in tasca con un senso di urgenza che forse supera perfino quella del portafoglio. E come ogni “rivoluzione”, ha i suoi contraccolpi e rischi, sociali, psicologici e sanitari, che richiedono attenzione e possibilmente antidoti.

In questo caso il rischio è anzitutto nella natura fisica dei nuovi strumenti. Si tratta di schermi, e come tali inducono gli occhi degli esseri umani a stress senza precedenti nella storia. Lo si è ricordato lo scorso 11 ottobre nella Giornata Mondiale della Vista, su iniziativa dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) e dell’Agenzia Internazionale per la Prevenzione della Cecità.

L’allarme arriva soprattutto per i giovanissimi, per giunta esposti ai sempre più sofisticati videogiochi. Tra uno schermo e l’altro “la prevalenza della miopia all’età di 9 anni è già del 12%”, avverte l’Oms, sale al 18% a 15 anni e raggiunge il 24% in età adulta, con una prevalenza femminile. La conseguenza complessiva è che entro il 2050 metà della popolazione mondiale potrebbe essere miope. Seguono le raccomandazioni, sui limiti quotidiani da porre all’uso dei dispositivi, sulla distanza minima dagli stessi (almeno 30 centimetri) e sull’esigenza di spingere i bambini a trascorrere più tempo all’aria aperta, ritenuto in sé un fattore di prevenzione e salute visiva.

A questo si aggiunge un fattore collaterale di rischio, tutt’altro che esiguo. L’uso diffuso dei dispositivi amplifica di fatto l’esposizione a incidenti. Solo i “selfie”, secondo una recente indagine indiana, sarebbero causa di almeno 259 morti nel mondo negli ultimi anni. E si tratta palesemente di una sottostima, che non tiene conto, oltre che delle più recenti cronache, anche dei tantissimi incidenti su cui la responsabilità dell’autoscatto non è semplicemente accertata.

Un'attenzione “preventiva” può essere dunque vitale in tempi di rischi così aumentati. Sulla vista peraltro non mancano i progressi scientifici. Nei giorni scorsi sono stati presentati a Roma i buoni esiti di nuove “retine artificiali”, che potrebbero aiutare anche i pazienti affetti da malattie assai diffuse, come la Degenerazione Maculare Senile, che colpisce oltre un milione di italiani. Si tratta di un microchip di terza generazione, che “funziona senza necessità di un cavo che lo colleghi a una fonte di energia esterna all’occhio – spiega l'oftamologo Andrea Cusumano, presidente dell'Onlus Macula & Genoma Foundation - e può essere impiantata sotto la retina con una procedura chirurgica minimamente invasiva di circa 90 minuti”. 

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