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La scoperta è descritta sulla prestigiosa “Nature Materials”, ed è firmata dal Centro di Neuroscienze Sinaptiche (Nsyn) dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova (Iit), in collaborazione con altri centri di ricerca del nostro paese.

L’annuncio ha il sapore di una svolta epocale, e arriva dall’Italia. Si apre la possibilità di restituire la vista a tante persone che l’hanno perduta a causa della degenerazione dei fotorecettori della retina, una delle principali cause di cecità tra gli adulti, finora largamente senza rimedio. La soluzione prospettata rileva dalla creazione in vitro di una retina completamente organica.

La scoperta è descritta sulla prestigiosa “Nature Materials”, ed è firmata dal Centro di Neuroscienze Sinaptiche (Nsyn) dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova (Iit), in collaborazione con altri centri di ricerca del nostro paese. La composita équipe connazionale ha concepito un dispositivo biocompatibile capace di rimettere in moto le funzioni visive convertendo gli stimoli luminosi in segnali elettrici per il cervello.

Il nodo era dunque duplice, quello della compatibilità con i tessuti biologici, e quello della capacità di captare la luce connettendola al cervello. A quanto pare, gli studiosi italiani ci sono riusciti, sopperendo all’assenza di fotorecettori funzionanti nell’occhio. Dalla sperimentazione su animali ciechi è emerso il ripristino dell’attività visiva con una persistenza che raggiungeva i dieci mesi dall’impianto. Inoltre, la “retina organica” si è rivelata capace di potenziare l’attività complessiva dell’occhio, incrementando l’attività metabolica della corteccia, e tutto questo senza palesare alcun effetto avverso.

Il dispositivo elaborato è tecnicamente un “semiconduttore fotovoltaico organico”, denominato “rr-P3HT”. “Rispetto ai modelli di retina artificiale ora disponibili basati sulla tecnica del silicio, il nostro prototipo presenta vantaggi quali la spiccata tollerabilità, la lunga durata e totale autonomia di funzionamento, senza avere la necessità di una sorgente esterna di energia”, spiega il coordinatore del Centro Nsyn-Iit Fabio Benfanti.

Una durata definita “lunga”, ma non per ora definitiva, dunque. E tuttavia si tratta di un esito importantissimo, apparentemente foriero di ulteriori, specie per la natura biocompatibile del dispositivo. Tale passo scientifico, seppur parziale, potrebbe inoltre trovare applicazione concreta nel breve periodo. Ci sono già le date, negli auspici degli scienziati: la sperimentazione umana da compiersi nella seconda metà di quest’anno, i suoi esiti già all’inizio del prossimo.

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