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Una intrigante ricerca dell'Università di Cambridge assieme al Karolonska Institute di Solna, in Svezia, svela un ruolo essenziale della pelle nella regolazione dei processi cardiaci.

La mano si fa pallida, sembra disidratata, e così il padiglione auricolare o altro. Può essere uno dei segni più tipici della cosiddetta “ipossia”, una condizione di carenza di ossigeno che può condurre a sincope o a problemi cardiovascolari.

Ma se invece non si trattasse solo di un “sintomo”?

Una intrigante ricerca dell'Università di Cambridge assieme al Karolonska Institute di Solna, in Svezia, svela un ruolo essenziale della pelle nella regolazione dei processi cardiaci.

Nei nostri tessuti dimora una famiglia di proteine, chiamate “Hif”, che agirebbe sulla pressione sanguigna. Per accertarne la dinamica, come si legge sulla rivista E-life, gli studiosi hanno riprogrammato geneticamente alcuni topi, inibendone la protezione di tali proteine, sottoponendo gli stessi, assieme ad altri roditori sani, a un ambiente a scarsa produzione di ossigeno.

Ebbene, tra i topolini “normali”, nell'arco di dieci minuti si è constatata una notevole alterazione dell'attività cardiaca, che poi tendeva al ritorno alla completa normalità entro le 48 ore. Tecnicamente, i ricercatori – che fra l'altro rivendicano di aver esteso per la prima volta l'osservazione in materia al di là della decina di minuti iniziali – hanno notato una risposta “tri-modale” dell'organismo. La fase iniziale è tachicardica e ipertensiva, seguita però da un “rapido e profondo” rallentamento della pressione sanguigna e della frequenza cardiaca per 24 ore, prima del graduale ripristino dello stadio pre-ipossico.

Quanto fin qui detto è interessante di per sé, perché chiarisce i meccanismi adattivi messi in atto dal nostro corpo al seguito di una carenza di ossigeno. Ma quel che è ancor più rilevante è che tale processo è risultato, invece, del tutto sconvolto tra gli animali privi della proteina Hif. E questo, a detta degli scienziati, dimostra come i tessuti periferici abbiano un ruolo fondamentale nell'adattamento cardiovascolare.

Da notare che la scarsa presenza di ossigeno può derivare dall'alta quota, dal fumo, dall'inquinamento o anche da uno stato di rilevante sovrappeso. La capacità adattiva del nostro organismo si è confermata qui notevole per limitare i danni. La natura, tuttavia, può fare tantissimo ma non i miracoli, sicché permane l'imperativo del no ai comportamenti nocivi, in quanto quei danni possono essere gravissimi, ben al di là del pur essenziale ambito cardiovascolare.

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