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Una ricerca della Penn State University ha accertato la capacità delle mosche, ben superiore a quanto finora pensato, anche dalle autorità di salute pubblica, di trasportare e diffondere centinaia di batteri

Se ci fanno schifo, ora abbiamo qualche motivo scientifico in più. Una ricerca della Penn State University (supportata dal governo di Singapore), pubblicata su Scientific Reports, ha accertato la capacità delle mosche, “ben superiore a quanto finora pensato, anche dalle autorità di salute pubblica”, di trasportare e diffondere centinaia di batteri, inclusi alcuni assai nocivi per la salute umana. Si tratta, cioè, dell’evidenza scientifica riguardo al ruolo di questi insetti come “potenti vettori di gravi patogeni”, avvertono gli studiosi americani.

Sono stati esaminati 116 esemplari della specie “Musca” domestica, presenti ovunque, nonché mosconi, detti “Chrysomya megacephala”, presenti perlopiù nei Paesi equatoriali. In questi ultimi sono state identificati 310 tipi diversi di batteri, nelle prime, che volano anche nelle nostre case, addirittura 351. Complici la loro attitudine a nutrirsi e toccare le feci e altre fonti “sporche”. E tra i batteri, ve ne sarebbero di molto pericolosi, quali l’Helicobacter pylori, foriero di gastriti e ulcere, e forse anche il cancro gastrico.

Un aspetto, giudicato “sorprendente” dagli stessi studiosi, è che la presenza batterica è risultata impennarsi negli ambienti urbani. Inducendoli a un sinistro monito: “E’ bene che pensiate due volte a mangiare un’insalata di patate a un picnic”, e se proprio vi piace il picnic, meglio una sana campagna che l’illusione inquinata di un parco urbano, dicono.

“È il primo studio capace di captare l’intero contenuto microbiotico del Dna di questi insetti”, rivendicano i ricercatori americani. Gli organi trasportatori più efficaci sarebbero le ali e, soprattutto, le zampe. A quanto pare, anche quando volano, “i batteri sopravvivono al viaggio, crescendo e riproducendosi sulle loro superfici”, lasciando a ogni tappa “una traccia di colonie microbiotiche”, quantomeno se trovano adeguata dimora molecolare nelle nuove superfici.

Allarmismi a parte, non tutti i mali vengono per nuocere, anzi. Tale “capacità” delle mosche potrebbe renderle una sorta di “droni viventi”, funzionali a un “sistema di early-warning delle malattie”. Potrebbero essere cioè utilizzate come indicatori della popolazione virale e batterica dei diversi ambienti, inclusi quelli più piccoli. Insomma, come negli avventurosi film d’animazione a lieto fine, le mosche potrebbero essere trasformate da insidie patogene a preziose sentinelle ambientali. A patto di saperle usare.

 

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