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“Mamma, maestra, fateci giocare”. L’appello stavolta non è dei bambini, ma dei #pediatri americani. Troppo tempo agli schermi e ad altro, poco all’attività motoria, incluso il semplice #gioco. Una tendenza malsana, perché il gioco è nutrimento dello sviluppo fisico, cognitivo, emotivo e dell’intero ambito della salute. “Andrebbe prescritto”, al pari di un farmaco essenziale

I riscontri scientifici e gli appelli sono ricorrenti, eppure non ci siamo ancora. Anziché restituire ai bambini quello che non solo è un “diritto inalienabile”, ma anche uno strumento essenziale di crescita psicofisica, ossia il gioco, lo stiamo annientando. Pesano diverse variabili, dai cambi di “stile di vita” dei genitori (ambedue presi dal lavoro o quantomeno impegnati a cercarlo) all’irruzione delle tecnologie digitali. “Fattori di rischio” che meriterebbero adeguate contromisure, pubbliche e private, che invece latitano.

Un avvertimento in proposito arriva da una pubblicazione dell’Accademia Americana di Pediatria, dal titolo eloquente: “Volete bambini più creativi, curiosi, sani, con abilità da 21esimo secolo? Fateli giocare”. Il gioco, dunque, addirittura “da prescrivere”, al pari di un prezioso farmaco, secondo gli esperti americani.

In cima alle loro preoccupazioni c’è naturalmente il nodo della sedentarietà, che rappresenta un allarme globale, dibattuto da anni anche in Italia, per la sua catena di conseguenze, a iniziare dal dilagare dell’obesità. Qui però si affronta un aspetto correlato in più. L’attività ludica è talmente a repentaglio che i bambini stessi sembrano spesso dimenticarsela. Per il 20%, “giocare” significa stare su uno smartphone, per il 12% la risposta è il videogame.

Il sondaggio è stato condotto sui bambini americani, che trascorrono 4,3 ore al giorno davanti a uno schermo, media del resto poco superiore a quella italiana. Cosa si perdono? In una parola, il cervello. Giocare nella socialità è una palestra essenziale dello sviluppo cognitivo ed emotivo, oltre che fisico. Si nutre la creatività a tutti i livelli, la capacità di confronto interpersonale, la gestione dello stress e delle sconfitte, la facoltà di trasformare il più insignificante degli oggetti in uno strumento di immaginazione e di attività ludica.

Tra i dati richiamati dai pediatri statunitensi, emerge che meno della metà dei bambini esce ogni giorno a giocare o anche solo a passeggiare, anche perché il 94% dei genitori esprime preoccupazione per la loro sicurezza, sicché nell’arco di 16 anni il tempo speso dai bambini nel gioco all’aperto è crollato del 25%. Il messaggio è comunque esplicitamente rivolto anche alle scuole. Perfino negli Stati Uniti, che vantano un’alta cultura sportiva e ricreativa nelle strutture d’istruzione, emerge un costante calo nelle durate degli intervalli e dei tempi dedicati all’educazione fisica. Pessima idea, con accertate ricadute negative anche sui risultati scolastici.

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