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Sembra che un menù ricco di sushi e sashimi, tipico della dieta nipponica, sia un elisir per il cuore e le arterie, anche in presenza di fattori di rischio cardiovascolari. Lo testimonia uno studio che sarà pubblicato ad agosto sul Journal of the American College of Cardiology, condotto passando al microscopio tre gruppi di uomini ultraquarantenni. Secondo gli scienziati l'effetto cardioprotettivo registrato fra i giapponesi è dovuto proprio all'alta quantità di acidi grassi omega-3 presente nel pesce. Rispetto agli uomini di mezza età di origine giapponese che vivono negli Stati Uniti, infatti, quelli che sono rimasti nella terra natia presentano un livello doppio di omega-3 nel sangue. Un elemento collegato a una presenza più limitata di aterosclerosi. "Il tasso di morte per malattie coronariche e cardiovascolari in Giappone è sempre stato più basso che in Occidente", spiega Akira Sekikawa, assistente di epidemiologia dell'Università di Pittsburgh (USA), che insegna anche alla Shiga University of Medical Science di Otsu (Giappone). "Il nostro studio suggerisce che i tassi molto bassi di coronaropatie fra i giapponesi che abitano ancora nel Paese del sol levante può essere dovuto all'alto consumo di pesce, che dura da tutta una vita". Ma in che cosa consiste il menù tipicamente nipponico, rivelatosi amico del cuore? I giapponesi, in media, mangiano più di 85 grammi di pesce al giorno (l'equivalente di cinque alici medie o di un merluzzo, già puliti) mentre gli americani se lo concedono al massimo due volte a settimana. Non solo. Sembra che il quantitativo di preziosi omega-3 ottenuti dal cibo sia pari a 1,3 grammi al giorno in Giappone, contro appena 0,2 grammi al giorno negli Stati Uniti.

Fonte: Adnkronos Salute



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