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La qualità di questi medicinali è assicurata da una serie di controlli che vanno dalla fase pre-marketing, a ispezioni nei siti di produzione, alla farmacovigilanza. L'autorizzazione al commercio deve attestare la bioequivalenza.
Costano meno, fanno risparmiare i cittadini e lo stato e garantiscono la stessa efficacia terapeutica, la stessa sicurezza di impiego con la stessa garanzia di qualità dei farmaci di marca. Ciononostante, in Italia i farmaci equivalenti hanno sofferto per anni, e tutt'ora ne sono vittima, di una considerazione pregiudiziale fondata su errate convinzioni, cioè che si tratti di farmaci di "serie B". Niente di più sbagliato. È anche per questo che la loro penetrazione nel mercato farmaceutico, pur se in crescita, resta ancora bassa rispetto a molti altri paesi europei. Gli equivalenti, in realtà, sia che si parli di prodotti da banco (detti Otc dall'inglese over the counter) di libera vendita, sia di medicine erogabili solo dietro prescrizione medica (i cosiddetti farmaci etici), non sono altro se non la copia senza "griffe" di un farmaco originatore, del quale sia scaduta la copertura brevettuale. Per immettere nel mercato italiano farmaci equivalenti è indispensabile ottenere un'autorizzazione da parte delle autorità preposte, come l'Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa), rilasciata sulla base di una documentazione che attesti fra l'altro, la bioequivalenza rispetto ad una specialità medicinale già autorizzata, con la stessa composizione quali-quantitativa in principi attivi, la stessa forma farmaceutica e le stesse indicazioni terapeutiche. L'autorizzazione al commercio esige che il "generico" sia non soltanto un equivalente farmaceutico (cioè che contenga lo stesso principio attivo nella medesima forma farmaceutica), ma anche un equivalente terapeutico (cioè che eserciti la stessa azione terapeutica) rispetto alla specialità medicinale originale. In quest'ottica acquista particolare rilievo il concetto di bioequivalenza, intesa come sovrapponibilità tra le caratteristiche di biodisponibilità, vale a dire stesse proprietà in termini di velocità, intensità di assorbimento e concentrazione nel sangue del principio attivo. Solo in questo caso si può presupporre un'equivalenza terapeutica. Gli studi di bioequivalenza non sono richiesti nel caso in cui la domanda sia presentata dal titolare della specialità medicinale di cui è scaduto il brevetto o nel caso in cui l'officina di produzione e i metodi di fabbricazione siano identici. Il luogo comune che il prezzo contenuto dei generici sia da ricondurre ad una loro minore qualità chimico-farmaceutica deve in sostanza essere sfatato e va ribadito che la qualità di questi farmaci, al pari dei medicinali innovatori, è costantemente garantita nel tempo. La qualità dei farmaci equivalenti viene assicurata attraverso una serie di controlli che si estendono dalla fase pre-marketing, attraverso le ispezioni ai siti di produzione, la verifica della documentazione a sostegno della domanda di autorizzazione all'immissione in commercio (AIC) dei medicinali, le ispezioni di buona pratica clinica (Good Clinical Practice, GCP) presso i centri di sperimentazione clinica, a tutta la vita del farmaco dopo la sua immissione nel mercato con la farmacovigilanza e il programma annuale di controllo condotto dall'Agenzia Italiana del Farmaco e dall'Istituto Superiore di Sanità.

Fonte: Corriere della Sera, 22/11/2009



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