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Le preoccupazioni riguardo i farmaci generici emerse nel corso del Congresso della Società Italiana di Pediatria, che si sta tenengo in questi giorni a Roma, sono fondate su concezioni errate. È quanto risponde Assogenerici in merito ai dubbi, riportati nel corso del dibattito e confermati sulla stampa dal presidente della Società Italiana di Pediatria, riguardo la reale bioequivalenza di questi farmaci rispetto a quelli di marca e sulle conseguenze di ciò sull’organismo infantile, in via di sviluppo.


“È positivo che la Società Italiana di Pediatria, al termine dei suoi lavori congressuali, abbia affermato che è necessario giungere a una posizione ufficiale sull’uso dei generici nel bambino. Anche perché le dichiarazioni che hanno preceduto il Congresso parevano sottintendere che questa posizione già ci fosse e fosse negativa” dice Michele Uda, direttore generale di AssoGenerici che al Congresso della SIP ha partecipato come relatore.


In effetti le voci contrarie all’uso del generico in età pediatrica anche in questo caso si sono concentrate su inesistenti differenze di concentrazione del principio attivo nei farmaci equivalenti rispetto al farmaco di marca. “È un errore che si ripresenta ciclicamente ogni qual volta si parla di generico in Italia” prosegue Uda “e che in questa occasione è stato corretto dal direttore generale dell’AIFA, il professor Luca Pani. Non intendiamo sottovalutare le preoccupazioni di una parte della pediatria italiana ma, come ha ricordato lo stesso Pani, per segnalare eventuali casi di inefficacia o di tossicità esiste uno strumento, la rete di farmacovigilanza, che negli anni ha dato ottima prova di sé. E questo vale anche per il paziente, che può rivolgersi al proprio medico o  al proprio farmacista e segnalare qualsiasi genere di reazione anomala all’uso di qualsiasi farmaco. Peraltro sui biosimilari si sta determinando il medesimo cliché di scetticismo non basato su dati scientifici. Vi sono ormai tre biosimilari in commercio da anni, tra i quali l’ormone della crescita che vede i pazienti in età pediatrica come principali destinatari, ed utilizzati efficacemente da moltissimi operatori sanitari senza alcun problema ed anzi con risultati importanti in termini di garanzia di accesso alle cure e razionalizzazione delle risorse. Per non perdere la sfida dei biosimilari serve un approccio rigoroso, clinico, scientifico e soprattutto privo di pregiudizi ” conclude Uda.

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