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E’ un problema diffuso quanto sottovalutato. Le disfunzioni della tiroide sono state oggetto a fine maggio, non senza qualche colpa di sottovalutazione dei grandi media, di un’apposita “Settimana”

E’ un problema diffuso quanto sottovalutato. Le disfunzioni della tiroide sono state oggetto a fine maggio, non senza qualche colpa di sottovalutazione dei grandi media, di un’apposita “Settimana” e, all’interno di essa, di una “Giornata”, promossa dalle associazioni internazionali ed europee, con l’obiettivo di richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica su questa tematica. 

Pur agendo da co-protagonista nell’equilibrio metabolico dell’organismo umano  la tiroide resta una ghiandola poco conosciuta e i sintomi del suo malfunzionamento si prestano facilmente, almeno nelle fasi iniziali, ad essere confusi con altre problematiche.  Un eccesso (l'ipertiroidismo), infatti, provoca un'accelerazione dei processi, causando dimagrimento, irritabilità, rischi cardiovascolari, mentre un difetto (l'ipotiroidismo), li rallenta, innescando anche stanchezza, a volte difficoltà di concentrazione, in qualche caso anche depressione. Nelle difficoltà di diagnosi capita dunque  di non accorgersi subito della natura del problema che, in realtà, è  assai diffuso,  coinvolgendo – si stima – circa sei milioni di italiani.

Qualche problema c'è nell'ambito terapeutico, con la recente presa d'atto di un eccesso di interventi chirurgici in Italia, a fronte di buoni rimedi farmacologici. “Il carcinoma tiroideo ha un comportamento clinico peculiare: difficilmente infiltra i tessuti circostanti, crea metastasi e porta a morte il paziente. Molte di queste varianti “buone” per anni sono state trattate come tutti gli altri tumori e asportate chirurgicamente”, spiega Luciano Pezzullo, presidente dell'Associazione delle Unità di Endocrinochirurgia Italiane.

Non mancano peraltro le buone notizie, anche sul fronte della prevenzione, inclusi gli esiti del programma nazionale di “iodioprofilassi” introdotto dodici anni fa. La carenza di iodio è riconosciuta come un rilevante fattore di rischio, specie in gravidanza. Il fabbisogno quotidiano di iodio in un adulto sano è di 150 microgrammi, e sale quasi al doppio fino all’allattamento. Ebbene, in base ai dati dell’Istituto Superiore di Sanità, sia sulle vendite che sulla situazione clinica degli italiani, emerge che in solo una dozzina d’anni il consumo di sale iodato ha superato il 60% di quello complessivo di sali, raddoppiandosi.

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