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Una storia disperata, con un lieto fine che si avvera proprio nel nostro paese e che spalanca una strada finora ritenuta inesplorabile in ambito pediatrico. I protagonisti sono Milana, una bimba ucraina di 2 anni, e l’Irccs Ismett di Palermo.

Una storia disperata, con un lieto fine che si avvera proprio nel nostro paese e che spalanca una strada finora ritenuta inesplorabile in ambito pediatrico. I protagonisti sono Milana, una bimba ucraina di 2 anni, e l’Irccs Ismett di Palermo. La piccola, sin dalla nascita, soffriva di un’atresia delle vie biliari, che l’ha indotta a un’insufficienza terminale epatica, con l’aggravante di aver contratto l’epatite C, sembra al seguito di una trasfusione di sangue infetto praticatale nel suo Paese d’origine.

L’associazione di una doppia patologia, dunque, rara e grave, e per giunta ritenuta una condizione ostativa sia al trapianto del fegato che, soprattutto, a un trattamento farmacologico anti-virale. Nelle parole del professor Jean de Ville de Goyet, che l’ha poi curata, “quando si è costretti a procedere con il trapianto del bambino in età precoce, la progressione della malattia diventa molto veloce ed il rischio che l’organo trapiantato si ammali nuovamente rendendo il trapianto vano è molto elevato”.

Ed è anche per questo che i familiari si sono trovati ad affrontare diversi no, anche da altri Paesi. In Polonia, ad esempio, racconta la madre Olga, “mi hanno detto che la cura per l’epatite C non era prevista per bambini così piccoli”.

Si è allora giunti alla disponibilità offerta dall’Istituto siciliano, anche per il tramite di una macchina internazionale di sensibilizzazione e solidarietà, per finanziarle il viaggio e per la donazione di organi ed emocomponenti. La scorsa primavera è stato eseguito l’intervento, con trapianto di fegato (donato dalla mamma stessa), seguito da un protocollo sperimentale incardinato su medicinali ad azione anti-virale. L’esito è stato eccellente, con un fegato perfettamente funzionante, senza traccia dell’epatite. “Ha ripreso tutto, dorme tutta la notte, gioca con suo fratello. E’ ritornata ad essere una normale bambina di due anni”, il racconto emozionato della donna.

L’eccezionale novità sta nel fatto che mai un paziente così piccolo era stato trattato con questi farmaci. Ed è un risultato che può estendersi anche al di fuori dei casi di trapianto, quando si preferisce evitare gli anti-virali per il motivo opposto, ossia per il fatto che la progressione di tale patologia nei bambini è solitamente lenta, sicché si preferisce attendere la guarigione prima di somministrarli. A detta dei medici palermitani, si è quindi aperto uno spiraglio inedito, che per molti bambini può essere risolutivo.

 

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