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Il caso era quello di una neonata affetta da “linfangiomatosi”, una malattia rara che consiste nella malformazione del sistema circolatorio linfatico che può interferire con vari organi vitali, a partire dall’ambito respiratorio, con tassi di mortalità elevatissimi.

“L’arte della medicina consiste nel divertire il paziente mentre la natura cura la malattia”, provocava lo scettico Voltaire. Lo stesso considerare la medicina come “un’arte” è per definizione scivoloso, per quel che doverosamente impone scienza all’intero ambito della ricerca e della terapia. Nondimeno c’è un aspetto cruciale della professione medica che, tra mille nozioni, paletti razionali e complessità fisio-patologiche, deve sempre conservarsi. È la sfera dell’intuizione, che non richiede di uscire dai paletti razionali che nei secoli hanno costruito la medicina contemporanea. Richiede piuttosto di prestare seria attenzione al singolo paziente, e ai possibili cambi di rotta che possono ricercarsi, soprattutto nei casi più disperati.

Lo ha fatto, con straordinario successo, un medico italiano, Nicola Laforgia, direttore dell’Unità di Neonatologia del Policlinico di Bari. Il caso era quello di una neonata affetta da “linfangiomatosi”, una malattia rara che consiste nella malformazione del sistema circolatorio linfatico che può interferire con vari organi vitali, a partire dall’ambito respiratorio, con tassi di mortalità elevatissimi.

Il problema era già stato diagnosticato durante l’ultima fase della gravidanza, e si è subito complicato dopo il parto, con la compromissione delle vie respiratorie. Dinanzi all’inefficacia di un medicinale solitamente utilizzato in questi casi, e dopo il pronto consenso firmato dai genitori, il medico ha tentato la strada di un semplice antibiotico immunosoppressore. Col risultato che la piccola sembra davvero del tutto guarita. “È il primo caso al mondo” per tale patologia e con un farmaco del genere, ha rivendicato Laforgia, suscitando l’immediato interesse della stampa scientifica internazionale.

“L’aggravamento del quadro clinico ha reso necessario l’inizio tempestivo di un trattamento terapeutico preferendolo a quello chirurgico perché è molto demolitivo e può residuare esiti invalidanti senza modificare le altre lesioni”, ha raccontato il medico, spiegando che, grazie all’idea dell’antibiotico  “per l’intrinseco effetto di inibizione su alcuni fattori di crescita si è osservata una riduzione significativa non solo della massa laterocervicale, ma anche delle altre lesioni”.

Non è certo una novità che l’ambito intuitivo sia cruciale nella medicina. Già Ippocrate osservava che “gli uomini di esperienza sanno bene che una cosa è ma non sanno il perché; gli uomini d’arte conoscono il perché e la causa”. Più di recente, due studiosi contemporanei, l’americano Barrows e l’inglese Mitchell, nell’introdurre un manuale di neuroscienze, si sono dichiarati “sconvolti dall’uso prematuro ed eccessivo di test diagnostici come sostituti dell’attività del pensare al letto del paziente”. E hanno ricordato la storia di “intuizioni fruttuose avute in modo rapido o decisioni cliniche magistrali prese sulla base di dati incompleti da parte di medici accorti”. Il medico di Bari si aggiunge a queste belle storie.

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