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I dati sono stati divulgati da un sindacato, la Cgil, che ha commissionato la “Prima indagine su tempi e costi delle prestazioni sanitarie” al Consorzio per la Ricerca Economica Applicata in Sanità (CREA Sanità)

Liste d’attesa interminabili, attese insopportabili, gli effetti collaterali dell’intasamento dei pronto soccorso. Gli annosi problemi della Sanità pubblica italiana purtroppo permangono, anziché risolversi, con un’aggravante tutt’altro che secondaria. Il vecchio, grande contraltare a tali problematiche, ossia – oltre alla qualità del servizio offerto da tantissimi professionisti, medici e infermieri – il costo contenuto rispetto al ricorso ai privati, viene spesso a mancare.

I dati sono stati divulgati da un sindacato, la Cgil, che ha commissionato la “Prima indagine su tempi e costi delle prestazioni sanitarie” al Consorzio per la Ricerca Economica Applicata in Sanità (CREA Sanità), che da cinque anni riunisce un ente pubblico di ricerca (l’Università romana di Tor Vergata) e la Federazione Italiana dei Medici di Medicina Generale (Fimmg). E si tratta di uno studio piuttosto serio, tant’è che ha coinvolto un campione di oltre 26 milioni di cittadini, pari a quasi la metà della popolazione italiana, ossia la totalità delle affollate Regioni di Lombardia, Veneto, Lazio e Campania, prendendo in esame le prestazioni mediche senza esplicita indicazione di urgenza.

Il confronto, anche temporale, è risultato impietoso. L’attesa media nel settore pubblico è risultata di 65 giorni, a fronte dei 6 nell’intramoenia, 7 nel privato e 32 per il privato convenzionato. Ed è una forbice che si allarga: per una visita oculistica, ad esempio, solo tre anni prima il tempo medio era di 61 giorni, ora sono saliti a 88. A seconda delle prestazioni, l’attesa si è prolungata di almeno una ventina di giorni. Al contrario - si legge - “il privato riduce drasticamente i tempi di attesa per prestazioni mediche e anche il privato convenzionato garantisce un servizio notevolmente più rapido a quello del sistema pubblico degli ultimi anni”.

Al contempo, si restringe la forbice sui costi, oramai vicinissimi, e in qualche caso addirittura in clamoroso sorpasso: restando sulla visita oculistica, il suo costo medio tra i privati era di 97, nell’intramoenia si sale a 98. Non manca qualche possibile lettura positiva, da parte dello stesso sindacato, con riferimento al settore privato stesso: “La sanità privata – nota la Cgil - fa riferimento all’offerta pubblica per calibrare la propria e rendersi competitiva, puntando sul rapporto qualità/prezzo e dunque accorciando notevolmente, con prezzi di poco superiori al ticket, i tempi di attesa”. Per il pubblico invece la sintesi è purtroppo una bocciatura: “La tempestività è garantita dal Servizio sanitario nazionale solo per le prestazioni urgenti, mentre è a pagamento nei casi restanti”, per giunta a prezzi non sempre concorrenziali.

La richiesta è quella di porre fine al “de-finanziamento” della Sanità pubblica, ma il nodo non è solo nella quantità di denari allocati, ma anche nella loro destinazione. L’ambito farmacologico è tra i più cruciali, tant’è che le Regioni che ricorrono di più ai medicinali equivalenti (perlopiù al Nord Italia) sono a ben vedere le stesse che poi riescono a offrire la migliore qualità complessiva del servizio sanitario. Quando non si fa, è in gioco l’accessibilità stessa alle cure, ed è un problema talora addirittura “fisico”: un altro ente, l’associazione Fiaba, ha denunciato in un dossier che due ospedali italiani non sono attrezzati a percorsi accessibili e spazi di assistenza adeguati per i disabili: “Che così, in ospedale, rischiano di essere disabili due volte”, protesta l’onlus.

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