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A un uomo di 61 anni è stato rimosso un tumore dal cuore, senza apertura toracica né incisioni chirurgiche, e a cuore battente. Non si è trattato di un azzardo.

“C’era una volta” l’intervento a cuore aperto, e a torace spalancato. In realtà non si può ancora parlare al passato, perché questo tipo di chirurgia rimane in molti casi necessaria, con profili di efficacia e sicurezza crescenti nel tempo. Tuttavia, l’ambito delle procedure non invasive è in promettente aumento, e in questi giorni l’ospedale Molinette di Torino ha annunciato di aver portato a termine con successo un intervento di interesse mondiale in materia.

A un uomo di 61 anni è stato rimosso un tumore dal cuore, senza apertura toracica né incisioni chirurgiche, e a cuore battente. Non si è trattato di un azzardo, ma della scelta imposta dallo stato clinico del paziente che, non solo non aveva tratto beneficio dalla terapia farmacologica per la riduzione della massa tumorale, ma era affetto inoltre da altre patologie, oltre ad aver sofferto di neoplasie pregresse. Un quadro che rendeva pericolosa la rimozione anche tramite le oramai consolidate chirurgie mininvasive.

Ė stato allora applicato un “sistema di aspirazione” (il dispositivo si chiama “AngioVac”) per via percutanea, una sorta di “bypass extracorporeo veno-venoso”, capace tra l’altro di trattare trombosi profonde ed embolie polmonari. Un’apposita cannula di aspirazione è stata introdotta nella vena femorale destra, connessa a una pompa centrifuga, che ha permesso la raccolta del materiale, mentre il sangue veniva continuativamente reimmesso nel corpo tramite una seconda cannula, inserita nella vena giugulare. L’intero intervento si è concluso in un paio d’ore e il paziente è stato subito trasferito in reparto degenti in ottime condizioni generali, senza necessità di percorsi specifici di riabilitazione, solitamente necessari dopo un intervento al cuore.

A quarant’anni dall’invenzione dell’angioplastica, l’ambito della chirurgia mini-invasiva o addirittura per nulla invasiva è dunque in costante perfezionamento, e l’Italia conferma settori di eccellenza in proposito. C’è però un problema, che procede in parallelo ad altri limiti del nostro Servizio Sanitario. Ė quello della disomogeneità sul territorio nazionale: circa un terzo dei pazienti (stimati in circa un milione) non ha accesso alle procedure più avanzate.

Sono gli stessi cardiologi a lamentarlo. “Favorire un accesso più allargato alle metodiche percutanee mini invasive che al momento, nel nostro Paese, sono ancora sottoutilizzate rispetto alla media degli altri Paesi europei, ponendo l’Italia non ancora ai primi posti in questo settore, con conseguente sotto-trattamento dei pazienti” è infatti l’appello lanciato in questi giorni da Giuseppe Tarantini, presidente della Società Italiana di Cardiologia. Speriamo sia ascoltato.

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