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Normalmente viene impiegata come trattamento contro i tumori, ma all’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (Verona) la radioterapia viene utilizzata anche per il cuore. Più precisamente per la cura delle aritmie cardiache gravi, un disturbo frequente e sempre più difficile da gestire. Sono come una "tempesta del cuore", che colpisce 750 cardiopatici gravi in tutta Italia, Mentre sono 15.000 i pazienti con aritmie che portano il defibrillatore e nel 4% di essi la tempesta si scatena anche decine di volte nell'arco di un mese, compromettendo la qualità di vita. A volte né il defibrillatore né i farmaci riescono a risolvere la situazione.

Si tratta di un trattamento innovativo che finora è stato impiegato in poche decine di pazienti in tutto il mondo. In Italia al Don Calabria di Negrar (Verona) sono stati trattati 3 pazienti da marzo a oggi nonostante le difficoltà dovute alla pandemia di Covid-19. L’ospedale in provincia di Verona è anche l'unico istituto a utilizzare un metodo non invasivo per una diagnosi accurata, grazie a uno speciale corpetto indossabile dal paziente che consente di individuare con estrema precisione l'area da trattare con la radioterapia. Questa nuova tecnica “utilizza le radiazioni ionizzanti comunemente impiegate in oncologia per colpire la parte di tessuto cardiaco in cui c'è una trasmissione elettrica alterata, responsabile dell'innesco della tempesta aritmica - spiega Filippo Alongi, direttore della Radioterapia Oncologica Avanzata del Don Calabria -. Le radiazioni, attraverso un trattamento che dura soltanto alcuni minuti, vengono mirate con precisione millimetrica sulla zona dove nascono le aritmie, senza toccare le cellule sane adiacenti, e in modo non invasivo provocano la morte del tessuto alterato, creando una cicatrice omogenea che

interrompe la conduzione elettrica anomala facendo tornare normale il battito cardiaco”. La procedura non richiede il ricovero.

“Abbiamo iniziato a utilizzare la STAR in piena pandemia, a marzo: la prima paziente aveva un defibrillatore che aveva registrato 104 tachicardie ventricolari, un 'superlavoro' che ha portato a doverlo sostituire precocemente - spiega Giulio Molon, direttore della Cardiologia dell’IRCCS di Negrar -. Attualmente tutti i pazienti su cui siamo intervenuti stanno bene: si tratta di persone con tachicardie ventricolari causate da gravi cardiomiopatie dilatative, che prima dell’intervento avevano una qualità di vita molto compromessa e che in alcuni casi in un mese potevano arrivare a

subire 20 shock del defibrillatore. In questi pazienti le linee guida prevedono di intervenire con l’ablazione transcatetere, ma la procedura è per loro ad alto rischio, perché hanno un quadro clinico compromesso da infarti pregressi e aritmie molto frequenti. Per questo riponiamo molte speranze nella STAR”.

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