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Alcune persone sembrano immuni dal freddo. Le puoi riconoscere subito: molte infatti indossano la maglietta a maniche corte e i pantaloncini anche se fuori c'è il gelo. Ora uno studio condotto da un team di ricercatori del Karolinska Institut di Stoccolma ha trovato una spiegazione scientifica a questa particolare resistenza al freddo. Più precisamente si tratta di una variante del gene ACTN3  che influisce sulle funzioni muscolo-scheletriche e che potrebbe aver protetto gli esseri umani dalle basse temperature durante la migrazione dall'Africa all'Europa oltre 50mila anni fa. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista American Journal of Human Genetics.

La variante genetica individuata agisce provocando la perdita della proteina muscolo-scheletrica α-actinin-3. Si tratta di una proteina presente unicamente nelle fibre muscolari a contrazione veloce, che "accelerano" l'affaticamento, mentre è assente in quelle a contrazione lenta, che rendono più resistenti allo sforzo. I risultati dello studio suggeriscono che la proteina α-aktinin-3 è assente in quasi una persona su cinque a causa della mutazione genetica. “Le persone prive di questa proteina trattengono meglio il calore, hanno più energia e resistono meglio ai climi più duri. Finora però non c'era una prova diretta sperimentale di questo”, spiega HakanWesterblad, coordinatore del team di ricerca. Per giungere a questa conclusione, i ricercatori hanno misurato l'attività elettrica muscolare di 42 uomini di età compresa tra i 18 e i 40 anni, a cui è stato chiesto di restare seduti nell'acqua fredda a 14 gradi, finché la loro temperatura corporea non raggiungeva i 35,5°. Al termine del test, i partecipanti sono stati sottoposti a una biopsia muscolare per studiare la composizione delle loro fibre.

Comparando i risultati delle analisi, è emerso che i muscoli dei partecipanti privi della proteina erano in grado di mantenere la loro temperatura corporea con un consumo di energia più efficiente. In particolare, il team di ricerca ha notato che in questi soggetti venivano attivate più fibre a concentrazione lenta, in grado di produrre calore, aumentando il tono muscolare, rispetto a quelle a contrazione rapida, correlate alla comparsa di brividi. “Questa mutazione ha offerto un vantaggio evolutivo durante la migrazione verso i climi freddi”, dice Westerblad. “Nella società di oggi, con case riscaldate e accesso illimitato al cibo, invece potrebbe aumentare il rischio di malattie come diabete e obesità”, conclude il coordinatore della ricerca.

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