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Erano malattie che nessuno è riuscito a diagnosticare prima. Molto rare per essere individuate con i sistemi “tradizionali”. Ma ora, grazie a un imponente progetto di condivisione dati, quei 255 casi clinici in tutta Europa hanno trovato un nome. A esserci riusciti è stato un gruppo internazionale di scienziati afferenti al Center for Genomic Regulation, un centro di ricerca biomedica e genomica con sede a Barcellona. I risultati sono stati descritti in una serie di sei articoli pubblicati sull'European Journal of Human Genetics.

Il team ha rianalizzato i dati relativi a 8.393 individui e raggiunto 255 nuove diagnosi, alcune delle quali erano manifestazioni atipiche di malattie note. Nella pubblicazione principale, Solve-RD, un consorzio internazionale, composto da più di 300 ricercatori e medici provenienti da quindici paesi, ribadisce come la rianalisi periodica delle informazioni genomiche e fenotipiche di persone con una malattia rara possa aumentare la possibilità di diagnosticare il disturbo. Uno studio complementare, invece, descrive il metodo in modo più dettagliato quattro casi specifici. Tra questi, viene riportata l'identificazione di una forma genetica di ipoplasia pontocerebellare di tipo 1 (PCH1), una malattia genetica che colpisce lo sviluppo del cervello, e di un disturbo dello sviluppo neurologico provocato da una nuova variante genetica nel DNA mitocondriale.

I ricercatori ribadiscono che questi nuovi casi di studio potrebbero aiutare la personalizzazione delle diagnosi e dei trattamenti in futuro. La piattaforma utilizzata, RD-Connect Genome-Phenome Analysis, consente la rianalisi automatizzata sicura, veloce ed economica delle migliaia di pazienti con malattie rare non ancora riconosciute. “Il lavoro che pubblichiamo oggi è solo la punta dell'iceberg - commenta Sergi Beltran, capo dell'Unita' di Bioinformatica presso il Center for Genomic Regulation - questo metodo ha dimostrato che è possibile condividere in modo sicuro grandi quantità di dati genomici a livello internazionale a beneficio dei pazienti”.

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