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Un nuovo studio dell’Università di Verona getta nuova luce sul ruolo del sistema immunitario nella malattia di Alzheimer – la forma più comune di demenza – svelando un inatteso “tradimento” delle cellule difensive del nostro organismo. Le stesse cellule T che normalmente ci proteggono da virus e infezioni diventano, in alcune circostanze, capaci di danneggiare i neuroni e alimentare i processi neurodegenerativi alla base della malattia. È questa la scoperta al centro della ricerca realizzata dal gruppo guidato da Gabriela Constantin, prorettrice alla Ricerca di ateneo e docente di Patologia generale del dipartimento di Medicina diretto da Domenico Girelli. e i cui risultati sono stati di recente pubblicati su Nature Communications.

Secondo l’OMS nel 2030 le persone affette da Alzheimer saranno circa 66 milioni e saliranno a 115 nel 2050 con impatto sociale ed economico rilevantissimo visto che la malattia ha una durata di 3-9 anni e al momento non esiste alcuna terapia in grado di interferire con il suo decorso.

Le cosiddette neuroimmune interactions – le interazioni tra il cervello e il sistema immunitario – rappresentano oggi uno dei campi più innovativi della ricerca biomedica. Normalmente, i leucociti circolanti raramente entrano in contatto con le cellule nervose, ma in condizioni patologiche la loro migrazione nel cervello aumenta, dando origine a un “dialogo ostile” che può innescare la degenerazione neuronale. Lo studio veronese ha documentato in modo pionieristico come questa comunicazione distorta possa favorire la produzione di amiloide beta e la fosforilazione anomala della proteina tau, i due segni distintivi della malattia di Alzheimer, contribuendo così alla perdita di memoria e al deterioramento cognitivo.

Il progetto – che apre la strada verso nuove strategie terapeutiche con possibili applicazioni anche in altre malattie neuroinfiammatorie come il morbo di Parkinson e la sclerosi multipla - è stato sostenuto da finanziamenti della Commissione europea, della Fondazione italiana sclerosi multipla, del National Centers Program e del programma Pnrr “Partenariati estesi”.

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