Un’analisi globale sui dati del Global Burden of Disease, pubblicata sulla rivista Frontiers in Public Health, ha squarciato il velo su una realtà a lungo ignorata: la “crisi silenziosa” dell’autismo nell’età adulta. I numeri sono impressionanti: tra il 1990 e il 2021, il numero globale di persone con un Disturbo dello Spettro Autistico (DSA) nella fascia d’età 15-39 anni è balzato da 17,52 milioni a 24,13 milioni. Un aumento legato in parte alla crescita demografica e a una migliore capacità diagnostica che impone una riflessione sull’inadeguatezza dei supporti destinati a questa popolazione. Questo è uno dei temi cruciali affrontati dal 50° congresso nazionale della Società Italiana di Psichiatria (SIP), svoltosi a Bari a inizio novembre.
“L’autismo non riguarda solo l’infanzia, ma è una condizione che accompagna l’individuo per tutta la vita”, spiega Liliana Dell’Osso, presidente SIP, ordinario di psichiatria all’Università di Pisa. “I bambini autistici diventano adulti e spesso la condizione resta invisibile fino all’età adulta per emergere solo di fronte a situazioni stressanti o cambiamenti importanti e questo ostacola il processo diagnostico e la presa in carico” dell’adulto con l’autismo”, aggiunge il presidente uscente SIP, Emi Bondi, direttore del DSM dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo.
I dati del nuovo studio evidenziano criticità specie nel gruppo 30- 39 anni, che ha registrato l’incremento più netto della disabilità (+56%). In Italia, si stima che le persone nello spettro autistico siano circa l’1% della popolazione, circa 500.000 individui, ma non si sa quanti siano gli adulti. “Le stime ufficiali indicano che in Italia ci siano 1.214 centri per la diagnosi e la presa in carico, ma solo 648 offrono prestazioni anche per l’età adulta – sottolinea afferma Antonio Vita, vicepresidente SIP, ordinario di Psichiatria all’Università di Brescia -. Per questo è fondamentale adottare un approccio che abbracci il problema per l’intero ciclo di vita di questi pazienti”.




