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La sfida per il Servizio Sanitario Nazionale diventa sempre più difficile: con l’allungamento della vita media continua a crescere la domanda di cure e di assistenza. Nel 2030 saranno più di 4 milioni le persone in cattivo stato di salute

La sfida per il Servizio Sanitario Nazionale diventa sempre più difficile: con l’allungamento della vita media continua a crescere la domanda di cure e di assistenza. Nel 2030 saranno più di 4 milioni le persone in cattivo stato di salute, e l'Italia si conferma un Paese diviso in due nell’accesso alle prestazioni socio-sanitarie. È la fotografia scatta dal Rapporto 2015 'Welfare, Italia. Laboratorio per le nuove politiche sociali' di Censis e Unipol, al centro di un convegno domani a Roma. Negli anni della crisi, tra il 2007 e il 2014, la spesa sanitaria pubblica è diminuita del 3,4% in termini reali. E oggi sono meno del 20% gli italiani che affermano di trovare nel welfare pubblico una piena risposta ai loro bisogni.

Più della metà delle famiglie di livello socio-economico basso - sottolinea il rapporto - è convinta che un eventuale aggravio dei costi per il welfare sarà incompatibile con i loro redditi disponibili. Nelle Regioni del Mezzogiorno l’82,8% della popolazione ritiene non adeguate le prestazioni offerte dal servizio regionale, mentre al Nord-Est e al Nord-Ovest la percentuale scende rispettivamente al 34,7% e al 29,7%.

In questo contesto la spesa privata in Italia è invece poco intermediata. La spesa sanitaria pubblica è pari al 6,8% del PIL del Paese, un valore più basso di quello di Francia (8,6%), Germania (8,4%) e Regno Unito (7,3%). La spesa sanitaria privata ammonta invece al 2% del PIL, un valore inferiore alla media dei Paesi Ocse (2,4%) e al dato di tutti i Paesi europei più avanzati. La quota di spesa privata intermediata da soggetti economici specializzati, come le compagnie assicurative, è pari oggi al 18% del totale della spesa sanitaria privata. Anche prescindendo dal confronto con gli Stati Uniti, che hanno un modello di welfare molto diverso dal nostro (in questo caso sale al 77,7% la quota di spesa intermediata), il dato italiano è molto più contenuto di quello di Francia (67,1%), Germania (44,4%) e Regno Unito (43,6%).

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